DALLA LIBIA LA GROTTA MONTERIN CONTINUA: “MIAH MIAH”!!
La Grotta Monterin nel Jebel Owainat – Libia continua.
Grazie ad un viaggio organizzato da un gruppo di amici fuoristradisti (www.fennecdesertteam.it) siamo riusciti a raggiungere questo emblematico gruppo montuoso in granito e basalto, diviso tra Libia, Sudan e Egitto, con vette anche di 1850 m.
Premessa.
Nel gennaio 2010 abbiamo compiuto un viaggio fuoristradistico in Libia. Nel nostro programma era prevista una visita a scopo esplorativo in una grotta, dedicata al professore italiano Monterin e scoperta da lui stesso negli anni ’30. Oltre ad aver confermato che continua, ci siamo resi conto solo dopo quanto bello e particolare sia il gruppo montuoso nella quale si apre, il Jebel Uweinat (Fig. 1). Con oltre 400 siti di arte rupestre costituisce una delle massime gallerie d’arte preistorica del Sahara e del Mondo. Le grotte sono piccole caverne o antri impreziosite da dipinti preistorici, tranne una, quella che abbiamo esplorato.
Informazioni specifiche a riguardo si trovano sul sito web www.dunes.it, www.deserts.it, in www.terramata.com e www.fennecdesertteam.it.
Inquadramento generale.
Il Jebel Uweinat è un massiccio-isola ubicato nel deserto libico, suddiviso fra Libia, Egitto e Sudan. Noto in precedenza da racconti di carovanieri, il Jebel Uweinat fu scoperto il 28 aprile del 1923 dal principe e diplomatico egiziano Ahmed Hassanein Bey che per primo ne fissò la posizione con rilievi astronomici. Fu parzialmente sotto la sovranità italiana dal 1931 al 1941, periodo in cui è stato meta di pionieristiche esplorazioni geografiche, che hanno visto protagonisti nomi illustri dell’alpinismo italiano e nomi più o meno noti del mondo scientifico. Ha una estensione superiore ai 1050 km quadrati e una massima elevazione, la Cima Italia, 1934 m, con diverse vie alpinistiche anche difficili. E’ territorio tradizionale dell’etnia Tebu, il popolo più profondamente legato al Sahara. Presenta quattro piccole sorgenti, unici punti d’acqua in un raggio di 400 km e una geologia complessa: la metà occidentale è costituita da rocce basalto e granito, la metà orientale da arenarie continentali. E’ accessibile con mezzi motorizzati solo nelle vallate principali e presenta vaste regioni raggiungibili solo con difficili escursioni a piedi. Nasconde luoghi non ancora esplorati, nonostante i diversi tentativi.
L’esplorazione della CGEB
Il Jebel Uweinat non offre condizioni geologiche per la formazione di fenomeni carsici propriamente detti. Ma qualche caverna o grotta la si trova, come appunto quella dedicata a Monterin. Decidiamo di visitarla ispirati dall’articolo pubblicato nella rivista Speleologia 56, che la nomina come ritrovata dopo tanto tempo.
E’ il 4 gennaio 2010. Grazie alle indicazioni precise, la troviamo subito dopo una ora e mezza di estenuante cammino sotto il Sole cocente del pomeriggio. Si apre a circa 650 metri di quota e il livello base è a 590 metri. Siamo andati ben oltre le descrizioni delle informazioni che avevamo. Dalla nostra esplorazione questa grotta risulta profonda circa 25 metri e sviluppo stimato di non oltre 300 metri (Fig. 2, 3, 4). Consiste in una bella forra suborizzontale sepolta da grossi macigni granitici: sembra corrispondere al solco scavato dal torrente nella vallata. Si apre tipo a inghiottitoio dopo una piana e in teoria pare che la fine della grotta sia proprio a valle del canyon (cosa che resta da verificare).
Tecnicamente non presenta difficoltà di progressione, solo labirintica, è come muoversi dentro una frana. Se piove è però impraticabile. Nonostante qualche anno secco, è presente acqua stagnante nelle marmitte. La temperatura media interna è di 22 °C. Armato pozzo da 8 m, salto da 3 m, traverso da 6 m e pozzo da 8 m. Ho lasciato una scritta SAG 2010 Fennec col carburo, in testa all‘ultimo pozzetto. Da qui abbiamo proseguito per altri 70 metri circa lungo una bella galleria nera. Più si scende, più la grotta si “inforra” in basalto. Ci siamo fermati per stanchezza davanti a una strettoia percorribile e aria, in faccia e sempre più forte andando più giù.
L’unico grosso problema di questa esplorazione è stato l’avvicinamento e di “sicurezza e ordine pubblico”: la cavità si apre a 80 metri di dislivello ed a una teorica ora di sentiero impervio da un posto di blocco di polizia. Siamo stati accompagnati da sei poliziotti entusiasti della novità, che si sono appiccicati a noi per tutti il tempo… Uno ci ha seguito fino in fondo alla grotta, in anfibi, senza casco e luce…
E’ stata una esplorazione a tratti surreale, frenetica e ansiosa, dettata dal cercare di capire il poliziotto che ci seguiva e da come gestirlo. Parlava solo arabo… alla fine però lo abbiamo accettato ed è diventato il nostro uomo di punta a perdere! Lui andava avanti saltando e noi armavamo di conseguenza incitati dal suo grido “Miah miah” che in arabo significa 100%, molto bene!
Solo il giorno dopo abbiamo capito che non volevano stessimo dentro di notte: lungo il sentiero è facile perdersi oltre che farsi male, è più impegnativo e pericoloso quello che la grotta. Siamo arrivati alla macchina alle 2 di notte accolti da tutto il comando di polizia in una gioia generale senza appunto sapere che qualcuno si era perso durante il giorno.
Ora abbiamo le idee certamente più chiare e bisogna tornare (più leggeri!) per finire il lavoro. Peccato solo non essere riusciti a fare il rilievo, ma non è cosa facile farlo dentro una frana e con la presenza di un poliziotto che vuole uscire a tutti i costi.
Solo al rientro in Italia ci siamo resi conto leggendo le tante informazioni su questo gruppo montuoso, quanto singolare e ricco di misteri sia. E’ stato proposto come patrimonio mondiale dell’umanità dall’UNESCO nel 2004 ed il progetto di realizzazione è in corso. Crediamo quindi che il passaggio della SAG – CGEB qui sia un fatto che entrerà nella storia di questo luogo fascinoso, dove gli italiani hanno fatto tanto, ma ancora si può fare.
Vogliamo ringraziare tutti quelli che ci hanno sostenuto in questa iniziativa, in particolare la guida Ibrahim Al Arabi, Moussa, Zuer Aiedi, Tarek Magoura dell’agenzia Tilwan Tourism Service Tripoli, la SAG-CGEB, Filippo Felici e Stefano Laberio Minozzi.
STORIA DELL’ATTIVITA’ ESPLORATIVA
Qui si apre una grotta particolare a circa 650 metri di quota. Siamo i terzi ad entrare in questa cavità, dopo un gruppo di italiani nel 2006 (capitananti da Alessandro Menardi Noguera, vedi Speleologia 56) e dopo il geologo italiano Monterin che la scoprì negli anni ‘30. Le precedenti esplorazioni si erano fermate causa mancanza di attrezzatura. Siamo andati oltre le descrizioni degli articoli che avevamo. La grotta è fonda circa 25 metri e sviluppo stimato di circa 300 metri. Consiste in una bella forra suborizzontale sepolta da grossi macigni granitici: sembra corrispondere al solco scavato dal torrente nella vallata. Si apre tipo a inghiottitoio dopo una piana e in teoria pare che la fine della grotta sia proprio a valle del canyon (cosa che resta da verificare).
Vogliamo ringraziare tutti quelli che ci hanno sostenuto in questa iniziativa, in particolare la CGEB e Filippo Felici per il mitico trapanino. Anche lì Felpe è come se tu avessi piantato 5 fix!
Hanno partecipato: Domenico Meghini, Alberto Casagrande (organizzatore del viaggio 4×4), Mara Zanette
Barbara Grillo (CGEB).[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row]