Materiali e corde speleologiche
La finalità di questa dispensa, è quella di essere un supporto informativo per gli allievi che frequentano i Corsi d’Introduzione alla Speleologia, in merito ad alcuni materiali ed attrezzature “speleo alpinistiche” che si trovano ad utilizzare, le quali sono fondamentali per l’accesso al mondo sotterraneo. Conoscere le caratteristiche principali di queste attrezzature, il loro corretto utilizzo, la manutenzione necessaria ai fini della loro funzionalità, consente di affrontare l’escursione in grotta con serenità e sicurezza e quindi di superare quella naturale diffidenza che si presenta all’inizio in ognuno di voi. Scarica la dispensa …..
Materiali e tecniche speleologiche – nozioni di base
IS CAI Tolusso Alessandro
Prima stesura Trieste 1991
Seconda stesura Trieste 1996
Capitolo primo
Materiali: Denominazione, Uso e loro Manutenzione
1) La Luce:
In un ambiente buio per eccellenza com’è la grotta, la luce riveste come appare ovvio un’importanza fondamentale.
L’unica cosa che non ha subito grossi cambiamenti dagli albori della speleologia ad oggi è il modo di fare luce in grotta. Le lampade che usiamo, per quanto costruite con materiali nuovi, concettualmente funzionano come quelle del periodo durante il quale è nata la speleologia. Queste lampade sono, infatti, le moderne derivazioni di quelle che erano usate nelle miniere. Per quanto esistano in commercio diversi modelli, il loro funzionamento è del tutto analogo. I tipi più comuni sono: FISMA, ARIANNE, ALPDESIGN.Generatore di acetilene (Lampada a carburo)
In pratica si tratta di corpi cilindrici nella cui parte superiore trova posto un serbatoio per l’acqua la quale tramite una vite di regolazione, che si apre gradualmente, gocciola nella parte inferiore dove viene a contatto con il carburo e, reagendo con questo, forma il gas d’acetilene. Dalla carburo il gas tramite un tubicino arriva sulla parte frontale del casco dove esce da un beccuccio. In passato per accendere il gas ogni speleologo portava con sé un accendino, fortunatamente oggi ciò non è più necessario poiché lateralmente a questo beccuccio esiste un accenditore piezoelettrico il quale con il semplice movimento di una mano permette di accendere la fiamma. Fate però ben attenzione alla fiamma, perché se l’avvicinate troppo alla corda potreste lesionarla, con le ovvie conseguenze (voi vi trovate appesi sotto il punto in questione).
Molto importante risulta la scelta del beccuccio, in commercio se ne trovano ancora di tre misure e cioè: 18/21/28 litri giacché tali misure sono legate alla quantità di gas che esce dall’ugello vi sarà facile intuire che la durata della luce è inversamente proporzionale alla quantità di luce prodotta. Quindi o si opterà per un beccuccio medio (21) o si terrà in considerazione il tipo di grotta (buia o chiara) e la durata della visita. Attualmente stanno sempre più prendendo piede i beccucci completamente realizzati in ceramica (quelli tradizionali hanno il corpo in ottone e solo la parte di uscita del gas in ceramica) più costosi e con un’unica misura ma più duraturi rispetto i precedenti. In ogni caso non sarà mai male sostituire con una certa frequenza sia il beccuccio sia l’o–ring di tenuta ciò tenendo ovviamente conto della frequenza d’uso. E’ chiaro che in un ambiente come quello ipogeo non potete fidarvi di un solo mezzo di illuminazione per questo sotto l’impianto a gas sul frontale del casco è stata accoppiata una luce elettrica la cui batteria trova alloggiamento in una scatoletta posta sul retro del casco stesso. Questa seconda fonte di luce, oltre a servire nel caso che la carburo non funzioni, viene usata per illuminare una zona più lontana di quello che si riesce a fare con l’acetilene. Manutenzione:
Usciti dalla grotta sfilate dalla carburo il tubo, soffiatevi dentro e agendo sul piezo riaccendete la fiamma. Continuate a soffiare fino a che la fiamma non si spegnerà da sola, in questo modo svuotate dal gas il tubo prima di riporlo nello zaino e quindi in macchina evitando così sgradevoli odori e pulendo allo stesso tempo l’ugello. La lampada va invece svuotata dell’acqua e dei residui di carburo in polvere, i quali messi in un sacchetto andranno gettati in luogo adatto perché inquinanti. Le pietre rimaste verranno rimesse nella lampada e conservate per le successive uscite. Per quanto riguarda la lampada del tipo FISMA, la sola interamente in metallo, quando la riponete lasciate l’ago di regolazione ben aperto in modo che il carburo presente nella parte inferiore possa assorbire l’umidità, preservando la lampada dalla ruggine e facendola durare più a lungo. Saltuariamente non è male eseguire un’accurata pulizia di tutte le parti costituenti la lampada prestando particolare cura a tutte le parti filettate le quali andranno lubrificate preferibilmente usando una normale matita da disegno perché la grafite lubrifica e non tende ad impastarsi, come succede per il grasso, con la polvere ed il fango, ciò vi eviterà problemi e costi piuttosto elevati per l’acquisto di parti di ricambio. Ricordate in ogni caso di conservare le vostre scorte di carburo in posti asciutti e ben aerati dentro contenitori stagni di plastica e di non avvicinarvi mai con fiamme alle pietre perché queste reagendo con l’acqua ( o solo con un’abbondante umidità atmosferica ) generano gas, che nella giusta proporzione con l’aria forma miscele esplosive. In grotta le scorte di carburo si portano in contenitori ricavati da vecchie camere d’aria, tagliate in lunghezza proporzionale alla durata dell’esplorazione ed al numero di partecipanti. I capi di questi economici contenitori vanno ripiegati su se stessi e chiusi con elastici ricavati tagliando trasversalmente le camere d’aria. E’ bene portarsi dietro sempre uno di questi, robusti ed economici, contenitori vuoto in modo da riporvi le scorie del carburo usato e poterle riportare in superficie.
2) I Caschi:
Ne esistono fin troppi, per la scelta regolatevi secondo questi fattori: comodità, regolabilità, protezione. Non badate al costo, anche se non sempre i modelli più cari sono i più robusti, ricordate sempre che la funzione del casco è quella di preservarvi dai colpi e dalla caduta accidentale di pietre oltre a fungere da supporto per l’impianto luce. Ad ogni modo più o meno tutte le marche di materiali pubblicano cataloghi illustranti la propria produzione ed in molti di questi è possibile trovare i dati dei test effettuati con i relativi risultati.
3) Corde, Cordini, Fettucce:
Fin che si tratta di cavità orizzontali chiunque è in grado di arrangiarsi, ma le grotte presentano quasi sempre degli ostacoli verticali (pozzi) per superare i quali bisogna usare delle tecniche particolari che esamineremo in seguito. In passato la discesa dei pozzi avveniva usando le scale, in canapa con gradini in legno agli albori, soppiantate poi da quelle in cavo d’acciaio e gradini in legno le cosiddette “superpesanti” e quindi da quelle con le quali finì la mitica era della scala: le ” superleggere” in cavetto d’acciaio e gradini di alluminio. Questo tipo di attrezzatura era comunque pesante e voluminosa per cui le uscite richiedevano un alto numero di persone delle quali non tutte erano destinate ad arrivare sul fondo. Tutto ciò tuttavia portava, grazie alle manovre in scala, ad un notevole affiatamento tra le persone e lo spirito che animava tutti era quello del gruppo. Con l’avvento della corda più leggera e pratica si è avuto un aumento dei risultati, esplorativamente parlando, ma si è perso gran parte dello spirito che esisteva una volta. Esplorazioni che in passato avrebbero richiesto numerose persone, oggi possono essere condotte da un ristretto numero di partecipanti in tempi molto più brevi ed in maniera più sicura. Tornando all’argomento delle corde diremo che le principali caratteristiche di quelle speleo (che devono essere del tutto diverse da quelle per arrampicata ) sono un’elevata staticità la quale è indispensabile visto il loro uso in risalita, altrimenti lo speleologo oscillerebbe come se fosse appeso ad un elastico. Altra caratteristica molto importante è l’elevata resistenza all’abrasione, per quanto la corda non dovrebbe mai toccare la parete. In commercio ne esistono di varie marche, ma le più usate (e per molti le migliori) sono quelle della EDELRID nei diametri 8, 9, 10 mm.
La 8 mm. è una corda estremamente delicata con carico di rottura sui circa 1600 kg. da usarsi per esplorazioni e da persone più che esperte, deve essere quasi una corda personale ovvero chi la usa deve conoscere esattamente la storia di quello specifico spezzone, unici lati positivi sono il peso ridotto ed il minimo ingombro.
La 9 mm. è una corda di poco più pesante 56 gr./m. rispetto i 47 gr./m. della 8 mm. ma il carico di rottura è più elevato aggirandosi sui circa 2400 kg. Si tratta di una corda da usarsi quando si possiede già una certa padronanza delle tecniche d’armo.
La 10 mm. è da consigliare a chi inizia per via del suo diametro che permette di ottenere discese più lente. Il suo peso si aggira sui 66 gr./m. ma è il carico di rottura ad essere interessante 2700 kg. Si tratta ovviamente di una corda più ingombrante delle precedenti però concede un maggior margine all’imprevisto e si comporta meglio in termini d’usura se percorsa da più persone risultando ottima quindi come corda per armi fissi.
Esiste pure la 11 mm. ma non la usa quasi nessuno per via dell’elevato costo, ingombro, peso e diametro che non sempre ben si adatta alle varie componenti dell’attrezzatura individuale.
CORDINI e FETTUCCE: trattasi di spezzoni corti impiegati per l’armo. Per i cordini useremo quelli dinamici del diametro di 9 o 10 mm. mentre diametri inferiori non vanno nemmeno presi in considerazione. Le fettucce consigliate sono quelle tubolari dai 30 mm. in su poiché misure inferiori non danno sufficiente sicurezza anche se la tendenza attuale è quella di ricorrere alle fettucce con sempre minor frequenza. Tutte le corde così come i cordini e le fettucce vanno lavate dopo ogni uscita in quanto l’eventuale presenza di particelle di polvere, fango e cristalli di calcite provocano abrasioni fra le fibre minandone la durata e la resistenza e visto che voi vi appendete su questi elementi sareste anche i primi a pagare per una vostra negligenza. Il lavaggio deve essere effettuato usando abbondante acqua fredda meglio se corrente e spazzole, è sempre da escludere l’uso di detersivi in quanto possono reagire chimicamente con le fibre mettendone in crisi la resistenza. Prima di usarle non sarebbe male bagnare sempre le corde, ciò evita che si rovinino e vi permette di ottenere una discesa più omogenea. E’ utile sapere che le corde nuove si ritirano da sole, perciò ad esempio se tagliate uno spezzone da 55 m. siglatelo (vedremo tra breve come) 50 m. e ricordate che le corde anche se ben tenute o addirittura non usate decadono divenendo comunque vecchie dopo alcuni anni. Se pensate che la corda sia lesionata controllatela prendendo 10–15 cm. alla volta in prossimità del punto sospetto e piegandola badate che dovrà formare un’asola con una curva senza scalini anche se la girate lungo il suo asse. Nelle corde della marca Edelrid che noi di solito usiamo i diametri si riconoscono tenendo presente che la calza bianca porta dei testimoni neri a forma di quadretti, in tre file separate per la 11 mm. (esiste ma non viene mai usata), due file separate per la 10 mm., due file in scacchiera per la 9 mm., a tre file in scacchiera per la 8 mm. E’ necessario siglare le corde su entrambe i terminali usando alcuni giri di nastro isolante del colore che vi aiuti ad identificarle come vostre, su questo si mettono delle fascette numeriche adesive che si trovano nei negozi di materiali elettrici. Questo sistema vi permette di identificare facilmente l’età della corda e la sua lunghezza. Sul tutto si infila uno spezzone di tubo termorestringente trasparente, è questo un materiale plastico che posto in prossimità di una fonte di calore si restringe proteggendo così le fascette numeriche dalle abrasioni e dalla sporcizia. Le corde vanno conservate, dopo lavate, fatte in matassa in luogo buio in quanto a differenza di quelle da roccia le nostre non sono protette dall’azione dei raggi ultravioletti i quali agiscono polimerizzando le molecole componenti le fibre, ciò determina a lungo andare una perdita di resistenza. Prima dell’uso svolgete sempre le corde in modo che siano ben libere e quindi confezionate sempre un nodo (inglese doppio o asola con frizione) sul terminale che sarà il fondo. Questo nodo serve, se per caso aveste sbagliato la successione delle corde, per fermarvi in ogni caso. Negli ultimi dieci anni vi sono stati nella nostra provincia ben due episodi d’inosservanza di detta regola nel primo caso la persona si è vista filare la corda nel discensore ed ha continuato la discesa fermandosi ovviamente sul fondo del pozzo. Questo personaggio recuperato e ” ricucito ” continua ad andare in grotta ma ora controlla attentamente che ci sia il nodo a fine corda anche se è stato lui stesso a filarla nel sacco il giorno prima. Nel secondo episodio purtroppo l’esito si è rivelato mortale la persona è deceduta ed ha lasciato una moglie e due figli, quindi mi sembra superfluo consigliarvi di controllare le corde anche se non siete voi i primi a calarvi. In grotta la corda si porta filata nei sacchi di PVC che chi arma porta in cintura (un sacco per volta, mentre gli altri sono trasportati dai compagni) ciò per evitare che eventuali sassi scaricati inavvertitamente o nella pulizia dell’attacco del pozzo possano lesionare la corda sulla quale vi appenderete. Filare la corda nei sacchi è una cosa abbastanza semplice, ma da farsi bene onde evitare problemi. Il metodo migliore consiste nel passare la corda con la mano destra su quella sinistra, che rimane aperta, in modo da formare delle anse ora da una parte ora dall’altra della lunghezza totale di 40–50 cm. Dopo alcuni di questi giri chiudete la mano sinistra ed impugnando la corda infilatela nel sacco, ogni tanto per assestare meglio la corda prendete il sacco per il cordino superiore e dopo averlo alzato sbattetelo sul pavimento verticalmente per alcune volte quindi continuate a filare la corda fin quando il sacco non è pieno.
4) Imbraghi, longes, staffe, rimandi:
Tratteremo ora tutte le parti in fibra che costituiscono la dotazione personale dello speleologo.
IMBRAGHI: in commercio ne esistono di tutte le marche tipi e colori e qui il discorso si farebbe troppo vasto tutti comunque hanno i loro pregi e difetti, tenete comunque conto che i nostri imbraghi sono diversi da quelli usati nell’arrampicata per cui ad ogni sport il suo imbrago. Per quel che ci riguarda fondamentalmente divideremo gli imbraghi in due famiglie: i “due pezzi” costituiti da un cosciale che si indossa in vita ed un pettorale il quale è posto all’altezza delle spalle e serve (come vedremo) per tenere in posizione il bloccante ventrale. L’altro tipo d’imbrago è quello del multiattacco costituito da un pezzo unico che raggruppa il due pezzi e porta ventralmente due attacchi uno per l’uso dei mezzi di discesa e l’altro per quelli di risalita. Tutti gli imbraghi vanno chiusi con maglie rapide, meglio quelle in acciaio a forma di delta o semitonde di diametro mai inferiore ai 10 mm. è da escludere l’uso di maglie in lega perché non presentano buone caratteristiche di tenuta. LONGES: si tratta d’elementi che permettono di passare in sicurezza alcuni passaggi che vedremo nel capitolo riguardante la progressione. In commercio ne esistono vari tipi in fettuccia cucita lunghe 20–30 cm. normalmente se ne usa una sola, ma alcuni trovano più pratico averne due una corta in discesa ed una più lunga in risalita. Anche se a volte ciò può risultare pratico secondo me in questo modo si aumenta il numero di cose da mettere nella già affollata maglia dell’imbrago. E’ possibile confezionare da soli la longes usando del cordino dinamico da 10 mm. chiuso con un inglese doppio oppure infilando due fettucce tubolari di misura opportuna una dentro l’altra e chiudendole con un nodo fettuccia. Molto comodo risulta chiudere questo anello che si è confezionato con un elastico (non troppo stretto) in modo da formare un’asola dove infilare il moschettone, vedremo in seguito per quale uso. Ricordate sempre che sulla longe vi appenderete in mezzo ad un pozzo per cui è vostro interesse sostituirla periodicamente.
STAFFE: per la progressione in salita su corda si usa un bloccante dal quale pende una staffa all’interno della quale si infilano i piedi per alzarsi nella risalita. Questo elemento si trova già confezionato in commercio ed ha il pregio d’essere regolabile per mezzo di fibbie, è altresì possibile confezionarsi la staffa da soli usando degli spezzoni di corda statica o fettuccia più economici in quanto fatti usando materiali vecchi o lunghezze non usabili per altri scopi. Le staffe autocostruite hanno però il difetto di non essere regolabili in quanto vengono chiuse con nodi. Un’eventuale rottura di tali elementi non comporta nessun pericolo anche se è scomodo risalire senza staffa o con la staffa accorciata a causa di riparazioni d’emergenza ovvero non aspettate di essere con l’acqua alla gola prima di sostituirla. La lunghezza giusta di una staffa è quella che vi permette di avere il bloccante a mano alcuni centimetri sopra quello ventrale con il piede infilato nella staffa.
RIMANDO: è questo quell’elemento di sicura che collega il bloccante mobile all’imbrago per cui in caso d’errata manovra può dover sostenervi, e siccome siete voi ad esserci appesi dovrete averlo sempre in ottimo stato. Il rimando è costituito da un cordino da 10 mm. e di lunghezza adeguata. La misura giusta è quella che alla massima estensione vi permetterà di afferrare il bloccante con il braccio leggermente piegato.
5) DISCENSORI: sono completamente diversi da quelli usati per roccia. Sul mercato si trovano tre tipi: il normale, l’autobloccante, il rack. I primi due tipi sono costituiti da due flange sulle quali sono imbullonate due pulegge fisse nelle cui gole scorre la corda che grazie all’attrito che si produce permette di scendere con una velocità controllabile. Vi consiglio di usare il modello normale che oltre al costo minore vi obbliga se volete fermarvi a confezionare una chiave (vedremo in seguito di cosa si tratta) con la quale starete fermi di sicuro e con le mani libere. L’uso dell’autobloccante almeno per i primi tempi porta ad un’eccessiva fiducia in questo attrezzo che non sempre blocca e che in ogni caso vi fa dimenticare di confezionare la chiave di cui sopra.
Vi sconsiglio caldamente il rack in quanto se non siete abili rischiate di usarlo in modo non corretto ed è questo un attrezzo che non permette errori (vulgo potete ammazzarvi).
6) BLOCCANTI:
Si tratta d’attrezzi meccanici che scorrono sulla corda solo in un senso noi ne usiamo due che funzionano allo stesso modo, ma differiscono solo nella forma e posizione d’uso.
Bloccante ventrale: normalmente detto croll è costituito da una struttura fissa con due fori l’inferiore serve per collegarlo alla maglia che chiude l’imbrago mentre il superiore si collega con il pettorale per mezzo di una cinghietta. Alla struttura fissa è collegata, tramite un perno che ne permette il movimento, una parte mobile munita di piccoli dentini i quali fanno presa sulla calza della corda e la strozzano contro la parte fissa attuando così il bloccaggio. Bloccante mobile: comunemente detto maniglia è simile al precedente ma la parte fissa è sagomata in modo tale da formare una maniglia alla quale vengono collegate la staffa ed il rimando dove quest’ultimo viene collegato per l’estremità opposta alla maglia che chiude l’imbrago inferiore. Questi due attrezzi vanno sempre puliti dal fango e lubrificati, attenzione che l’olio potrebbe impastarsi con la polvere ed il fango per cui vi consiglio di usare della comune graffite che si trova in vendita nei negozi di serrature, l’operazione non è facile come con l’olio, ma il risultato è senza dubbio migliore. Come per tutte le cose viste anche qui esistono varie marche colori e modelli quindi acquistate i modelli più semplici che trovate e che di solito sono anche i più sicuri.
Capitolo secondo
La progressione su corda
VESTIZIONE: ora che sapete come si chiamano le ” striganze ” che dovete indossare vediamo come disporle addosso. Visto che noi viviamo in superficie e le grotte si aprono sotto i nostri piedi è gioco forza che per visitarle si debba prima scendere, quindi vediamo come si fa. Sequenza degli attrezzi in discesa: vi sarà utile almeno per i primi tempi usare una filastrocca composta con la parole iniziali dei nomi dei vari attrezzi. Probabilmente vi sembrerà senza un significato ben preciso, ma si tratta dello stesso tipo di frase che si usa a scuola per memorizzare con una certa facilità una serie di nomi, la nostra frase è:
CRO RIDILO MA …. …STA ATTENTO/A
e corrisponde alla disposizione degli attrezzi da destra a sinistra di chi indossa, adesso vediamo le parole componenti la frase:
CRO croll
RI rinvio del discensore
DI discensore
LO longes
MA maniglia tramite il rinvio
STA ATTENTO O ATTENTA frase il cui significato mi sembra superfluo specificare
Infilata la maglia di chiusura dell’imbrago nell’occhiello destro (da ora in poi destro e sinistro saranno riferiti alla persona che indossa) in modo che la ghiera sia sul lato destro in basso posizioniamo il croll in modo che la parte piatta sia verso di noi e l’asse della parte mobile a destra, quindi proseguiamo con il moschettone di rinvio del discensore ed il discensore tramite il suo moschettone. E’ ora il turno della longes e quindi del rinvio della maniglia direttamente o come usa qualcuno tramite un moschettone (in tale caso regolare in modo appropriato la lunghezza del rinvio stesso). Detto ciò voi vi chiederete perché uno in fase di discesa debba indossare anche gli attrezzi per la risalita. Ciò ovviamente non rappresenta il massimo della comodità ma serve per:
1) essere sicuri di non lasciare elementi indispensabili per la risalita all’esterno
2) essere pronti in qualsiasi momento ad invertire il senso di marcia in sicurezza.
La discesa:
Bene ora abbiamo indossato il tutto e quindi vediamo come si scende. Aprite il discensore e facendo arrivare la corda da sinistra ponetela sopra la flangia inferiore in modo che passi sotto la puleggia inferiore avvolgendola, passate ora la corda da destra a sinistra fra le due pulegge (come in figura) avvolgendo la puleggia superiore ritornate con la corda verso destra in modo da avere alla fine una S, fatto ciò chiudete il discensore. Prendete ora la corda ed inseritela nel moschettone di rinvio che avrete messo in modo da avere l’apertura in alto di fronte a voi. Questo passaggio serve per aumentare l’attrito, e “variando” l’angolo con il quale la corda entra nel moschettone, a regolare meglio la vostra velocità di discesa. Almeno agli inizi molti tendono a tenere la mano sinistra sulla corda appena sopra il discensore, bene ciò non serve a niente, perché se la corda che tenete con la mano destra vi scivolasse via voi in nessunissimo caso riuscireste a frenare la vostra caduta. Se non ci credete provate a mettere una corda su di un albero ed alzarvi da terra rimanendo appesi ad una mano sola, beh se ci riuscite ditemelo eviterò accuratamente di avere discussioni con voi e con i vostri pugni. La mano va tenuta dietro al discensore aperta e pronta ad essere chiusa immediatamente in caso di bisogno impugnando tutto il complesso. Viste queste note preliminari avviciniamoci al pozzo dove troveremo o un’asola o un corrimano al quale ci assicureremo con la longes (è sempre possibile e spiacevole scivolare). Giunti nel punto dove la corda scende nel pozzo inseriamo la corda nel discensore come abbiamo già visto ed eseguiamo la chiave (tra breve vedremo come) che ci permette di rimanere bloccati quindi liberiamo la longes, sciogliamo la chiave ed iniziamo la discesa. State ora scendendo ed arrivate ad un punto in cui si trova uno spigolo lo vedete e pensate: ” qui la corda struscia e si rovina beh poco male sto facendo un corso e la corda non è mia vuol dire che questi hanno soldi da buttare “. Poi pensate ancora ” ma la corda potrebbe lesionarsi fino al punto di rompersi — continuando a scendere vi trovate sotto il punto incriminato — ma se ciò accade mi ammazzo “. Questo pensiero, in effetti, vi comincia a dare un po’ più di fastidio, beh noi non siamo del tutto pazzi anche perché ci appendiamo alla vostra stessa corda, quindi se aveste avuto un po’ più di fiducia vi sareste accorti che scendendo ancora di qualche centimetro troverete un frazionamento (in seguito vedremo dove, perché e come si confeziona) quindi fatemi la cortesia di chiederci mentalmente scusa per la vostra scarsa fiducia in noi. Ora vi siete accorti da soli che la corda in quel punto poteva essere danneggiata perciò onde evitare spese ma soprattutto danni alle persone abbiamo confezionato questo frazionamento anche chiamato spezzamento che sarà la prossima tortura alla quale noi da sadici vi sottoporremo. Il frazionamento altro non è che un ancoraggio naturale od artificiale sul quale si aggancia un moschettone entro il quale si passa annodandola opportunamente la corda in modo da evitare punti pericolosi per la salute della stessa. Siete quindi davanti ad un ostacolo nuovo che dovete superare, ora vediamo come si fa: scendete finché il delta (dell’imbrago) arriva all’altezza del frazionamento, ora vi serviranno entrambe le mani perciò dovrete rimanere fermi in un modo che sia perfettamente sicuro. Per fare ciò prendiamo in considerazione il metodo più rapido (non agli inizi) e sicuro (sempre). Tenete saldamente la corda con la mano destra quindi alzatela e portatela, dal davanti, nella gola che si forma tra il discensore e la corda che viene da sopra (vedi figura). Durante questa manovra togliete per un attimo la mano sinistra dalla sua posizione avvolgente sul discensore in modo da non legarvela. Questo primo giro di corda sarebbe già sufficiente per tenervi fermi ma non e sicuro perché muovendovi potreste farlo scorrere. Prendete quindi la corda che scende fate un’ansa e infilatela nei moschettoni (senza aprirli) del rinvio e del discensore quindi incappucciate con l’asola il discensore (vedi figura) fatto ciò avete completato la chiave (capito ora di cosa parlavo ?) e non avete più nessuna possibilità di scendere, quindi potete mollare entrambe le mani. La confezione di questa chiave sembra difficile ma una volta fatta vi renderete conto che è di una banalità unica. Ora dunque avete le mani libere prendete quindi la longes ed agganciatela al moschettone del frazionamento. Sciogliete la chiave e scendete fino a quando il vostro peso non sarà trasferito completamente sulla longes, quindi aprite il discensore togliete la corda e facendo ben attenzione a non ingarbugliarvi recuperate la corda che scende dal frazionamento passatela come già visto e sicuramente ricorderete (ovvio che no, quindi tornate indietro e rileggete) nel discensore. Mentre effettuate quest’operazione lasciate il moschettone di rinvio agganciato all’ansa che fa la corda che sale avrete così due attacchi la longes in carico ed il moschettone di rinvio come sicura. Chiuso il discensore sganciate la corda dal rinvio e passatelo sulla corda che scende. Più in alto (verso il frazionamento) avrete messo il discensore, più semplice vi sarà il ripartire, confezionate quindi la chiave di prima ed aiutandovi con le gambe (le braccia solo per l’equilibrio), che agiscono sulle asperità della parete (quando esistono) o mettendo un ginocchio o un piede (a seconda della misura) nell’ansa della corda che sale alzatevi quel tanto che basta per sganciare la longes. Calatevi ora lentamente con le braccia trasferendo il vostro peso al discensore (bloccato con la chiave). Siete appesi fermi e tranquilli (è ovvio avete letto la presente dispensa) allora sciogliete la chiave e scendete gridando ” LIBERA ” in modo che chi vi sta’ sopra possa utilizzare il tratto di corda che voi avete appena liberato. Continuate così ad ogni frazionamento ed arriverete prima o poi in fondo senza grossi problemi. Per passare i frazionamenti a volte può tornare utile l’uso di una staffa realizzata magari con un vecchio cordino e collegata al frazionamento tramite un moschettone. Avere un simile attrezzo appeso in cintura non dovrà mai essere motivo di vergogna, ma piuttosto un modo di andare in grotta cercando di fare meno fatica possibile. Ricordatevi di non utilizzare detto cordino soprattutto se vecchio per altri scopi che potrebbero risultare pericolosi.
La risalita:
Bene siete così arrivati sul fondo della cavità e siete tutti contenti e ben ignari di ciò che avete combinato, scendere è facile, ma risalire e più faticoso (ora farete i conti con la forza di gravità). Comunque poiché per una legge di natura tutto ciò che scende prima o poi risale (lo so che non è proprio così ma datemela per buona lo stesso) fatevi coraggio e pensate alla risalita. Togliete dal delta tutto ciò che non serve più (rinvio e discensore con relativo moschettone) e appendetelo in cintura, non dovrebbero esserci problemi ma controllate lo stesso che la sequenza degli attrezzi sia ora sempre da destra a sinistra: croll, longes, maniglia (tramite il rinvio). A questo punto mettete in tensione il cinghietto che collega il pettorale al croll fintantoché la vostra posizione vi renda simile ad un gobbo, inizialmente sembra scomoda ma vi aiuterà in salita quando il tutto si assesterà. Aprite quindi i due bloccanti ed inserite la corda in modo che il croll risulti in posizione sottostante alla maniglia. Mettete ora il piede destro dentro la staffa e con la mano sinistra alzate la maniglia lungo la corda seguendo il movimento alzando la gamba. Ora agite sulla gamba destra cercando di alzarvi, inizialmente rimarrete sul pavimento fintantoché non avrete recuperato l’elasticità della corda quindi comincerete ad alzarvi dal suolo. Nella fase iniziale ed anche appena superati i frazionamenti la corda tende a non scorrere nel croll per cui con la mano destra afferratela sotto il croll e tiratela verso il basso in simultanea con il movimento della gamba
destra la gamba sinistra invece vi servirà per tenervi lontani dalla parete. Quindi la gamba sinistra da l’equilibrio (insieme alla mano destra) ed allontana dalla parete, mentre la gamba destra “pedala”. Il miglior risultato si ottiene non come si può credere pedalando verso il basso ma scalciando un po’ indietro (ciò serve anche per condurre il corpo in direzione della corda che altrimenti tende almeno a livello delle spalle ad allontanarsi arcuandosi all’indietro). Quindi ricapitolando: la mano sinistra sposta verso l’alto la maniglia per quel tanto che si riesce ad alzare la gamba destra, quindi si distende la stessa alzandosi e recuperando con la mano destra la corda da sotto il croll durante tutti i movimenti la gamba sinistra viene impiegata per tenersi lontani dalla parete. Nel caso che la corda cada in “libera” (cioè lontana dalle pareti) la gamba sinistra perde la sua funzione e viene impiegata nella pedalata aiutando così la destra. Saliti i primi metri con il metodo precedente vi fermate ed infilate anche il secondo piede nella staffa, prendete la corda da sotto il croll e la passate davanti alla staffa fra i due piedi, quindi impugnate la maniglia con entrambe la mani e muovete contemporaneamente in alto mani e gambe. Durante questo movimento divaricate bene i piedi lasciando scorrere in mezzo la corda quindi raggiunto il punto più alto richiudeteli serrando la corda distendete le gambe ed utilizzate le braccia per l’equilibrio. Il movimento è del tutto simile a quello che s’impara per salire le pertiche o le funi a scuola. Questo tipo di andatura prende il nome di andatura a mo’ di bruco, osservate qualche vostro collega e capirete il perché. Bene ora voi state risalendo tranquilli sbuffando come treni e sudando come foste in Africa ignari di ciò che vi attende. Ad un tratto sentite un botto siete voi che avete dato una capocciata alla parete vi guardate in alto e con vostro gran rammarico vedete un frazionamento ed imprecate, c’era già in discesa per cui dovevate aspettarvela, spontanea vi assale una domanda: ed adesso?
Beh se avete un po’ di pazienza continuate a leggere questa storia a puntate e saprete come va a finire. Salite fino a portare la maniglia un paio di centimetri al di sotto del nodo, quindi agendo sulla staffa anche con le punte dei piedi se è il caso, alzatevi più che potete ed agganciate la longes al frazionamento. A questo punto passerete i bloccanti uno alla volta oltre il nodo iniziando dal croll. Per sbloccare il croll ci si alza leggermente agendo sulla staffa con la mano sinistra si tiene tesa la corda sotto lo stesso mentre con la destra si apre, facendo ruotare la leva, il croll. Ci si riadagia quindi trasferendo il peso alla longes e recuperata la corda che sale la si mette, stando ben attenti a non ingarbugliarla, nel croll sotto il quale con una mano se ne recupera più che si può. A questo punto si sgancia la maniglia e, stando attenti anche qui a non far ingarbugliamenti, la si posiziona sulla corda che viene dall’alto ovviamente sopra il croll. Per passare la maniglia è conveniente togliere i piedi dalla staffa, eseguito con calma il tutto si controlla che tutte le corde siano libere da passaggi strani e s’inizia a risalire per alcuni centimetri sgravando così la longes e recuperandola prima possibile, fatto ciò date il via libera a chi vi segue. Potrebbe essere che in risalita la vostra longes risulti corta e che quindi non riusciate ad agganciarla al frazionamento potete allora allungarla aggiungendovi i moschettoni prima quello del rinvio del discensore e se proprio non basta anche quello del discensore. Andando avanti così frazionamento dopo frazionamento vi troverete finalmente fuori: stanchi e sporchi giurando che questa è la prima ed ultima volta che mettete piede in una grotta e che con l’indomani cambierete sport. Dopo una mezz’ora che vi sarete cambiati ed avrete bevuto qualcosa verrete a chiedere in quale grotta andremo la prossima domenica. Se farete così vuol dire che siete rovinati e che continuerete a scendere, nelle viscere della terra, ed a risalire dopo esservi sbattuti con i vostri sacchi sulle pareti di qualche pozzo ogni fine settimana entrando così nella folta schiera degli Speleodipendenti.
Fino a qui si parla di progressione normale cioè con la corda messa a piombo (verticale) purtroppo ciò non è sempre possibile, vuoi per la morfologia del posto o per motivi di sicurezza per cui nei nostri giri sotterranei incontreremo altri mostri dai fantastici per quanto tenebrosi nomi ovvero: traversi, pendoli, deviatori, tirolesi, corde giuntate. Vediamo ora come superare tutto ciò. Traversi: prende il nome di traverso un armo particolare che si sviluppa per lo più orizzontalmente e che solitamente si fa quando c’è il rischio che da dove ci si trova possa arrivare dell’acqua la quale scendendo ci prenderebbe in pieno con conseguenze non sempre piacevoli oppure dove la partenza del pozzo si presenta con pietre instabili ed in quantità tali da renderne impossibile la pulizia. Il traverso è costituito da brevi tratti orizzontali, al massimo uno o due metri fra ogni chiodo dove vengono messe due corde parallele opportunamente annodate. Se avete due longes non ci sono problemi le attaccate ad entrambi le corde, altrimenti userete la longes più una serie di moschettoni agganciati tra loro ed attaccati al delta (ricordatevi che andare in grotta con qualche moschettone in più può aiutarvi in molte situazioni imbarazzanti). Il passaggio si effettua scorrendo da un chiodo all’altro e quando lo si raggiunge ci si alza usando le asperità presenti e si passa una longes alla volta sul prossimo tratto. Si continua così finché non si trova una corda, che a seconda dei casi sale o scende, dove la progressione torna ad essere la normale in salita o discesa.
Succede talvolta che il traverso venga effettuato su di una parete strapiombante in tal caso il primo che arma provvederà a confezionare ad ogni chiodo delle staffe con la corda in modo da facilitare il passaggio. Pendolo: il pendolo altro non è che l’arrivo della corda spostato alla base dalla verticale. In discesa si cercherà di arrivare, se il pendolo e molto ampio, con gli occhi all’altezza del frazionamento, quindi bloccato con la chiave il discensore ci si tira verso l’attacco a forza di braccia dove giunti ci si aggancia con la longes e quindi, sbloccata la chiave, si passa il peso gradatamente al frazionamento. Nel caso arriviate corti calatevi lentamente sulla verticale e scendete ancora un po’ quindi riprovate, state però attenti a non scendere troppo altrimenti finireste nell’ansa della corda e qui vi toccherebbe fare un’inversione di marcia per risalire fino al frazionamento. Dopo un paio di volte vi farete l’occhio e non avrete più problemi. Ora giunti al frazionamento lo passate, cosa che di certo vi ricordate fare (chiaro che no per qui rileggetevi ancora una volta il paragrafo dedicatovi).Compiuta la nostra visita risaliamo e ci troviamo presto o tardi innanzi al pendolo che in questo caso si supera come se fosse un normale frazionamento, avendo però l’accortezza di non sganciare la longes di colpo perché rischiereste di partire e stamparvi sulla parete opposta tipo gatto Silvestro. Per ovviare a ciò prendete la corda e passatevela sotto la gamba destra se pendolate a sinistra e viceversa (in questo modo la corda entra nel croll correttamente) quindi impugnate la corda del pendolo poco sotto il nodo ed usando entrambe le mani calatevi pian piano fino ad arrivare sulla verticale, quindi iniziate a risalire nel modo consueto. Colui che arma il pendolo dovrà sempre ricordarsi di mettere all’attacco dello stesso due moschettoni collegati a catena oppure tramite un cordino, ciò perché con l’attacco diretto le oscillazioni tendono a svitare nel caso d’armo artificiale la piastrina dallo spit o nel caso di chiodi a muoverli favorendone l’uscita.
Deviatori: a volte invece di usare un frazionamento affinché la corda non tocchi la parete si può usare un deviatore. Questo è costituito da un moschettone collegato ad un cordino opportunamente ancorato e di lunghezza tale che la corda di progressione passando per il moschettone sia deviata dalla verticale e quindi dal punto pericoloso. Per oltrepassare tale artificio in discesa una volta raggiuntolo lo si sgancia e lo si passa sulla corda sopra di, voi quindi riprendete la discesa normalmente. Se per compiere tale manovra dovete usare entrambe le mani va da sé che prima dovrete bloccare il discensore con la chiave. In salita raggiunto il deviatore fatelo scorrere verso l’alto salendo per un po’ quindi sganciatelo e passatelo sulla corda sotto di voi dopo di che utilizzando la stessa corda che scende calatevi pian piano fino a raggiungere la verticale.
Tirolese: si tratta di una corda tesa in orizzontale che permette di superare ostacoli quali laghi o pozzi sostituendo a volte il traverso. Superare una tirolese è semplice, ci si aggancia anche qui con due longes e ci si lascia andare tendendo le mani a monte dei moschettoni diversamente queste potrebbero finire fra gli stessi e la corda alla quale siete appesi, con conseguente schiacciamento. Finita la parte discendente ci si tira verso l’ancoraggio d’arrivo a forza di braccia o usando il bloccante mobile. Giunzione di due corde: è un fatto raro, ma può capitare di dover congiungere due corde o isolare un tratto di corda lesionata a causa della caduta di pietre. Scendendo avvicinatevi al nodo ed in prossimità di questo sganciate il moschettone di rinvio tenendo la mano sinistra ben chiusa sul discensore e ponetelo sul moschettone o l’asola di giunzione, quindi scendete fino a fermarvi sul nodo. Agganciate ora la maniglia (visto che serve averla anche in discesa) non troppo in alto, e sul moschettone di questa la longes oltre al discensore ora avete altri due punti di sicura. Liberate il discensore e portatelo sotto la giunzione, quindi recuperate il rinvio che ritorna al suo uso normale ed eseguite la solita chiave. Ora agendo sulla staffa alzatevi e liberate la longes quindi calatevi lentamente portando il peso sul discensore e recuperate la maniglia, poi sbloccate la chiave e continuate la discesa. Potrà capitarvi alle volte di valutare male le misure perciò il rinvio della maniglia entrerà in trazione ciò significa che avete posto la maniglia troppo in alto se così avviene alzatevi sulla staffa inserite il croll sulla corda ed iniziate a scendere abbassando alternativamente i bloccanti fino a quando non riuscirete a recuperare la maniglia e scendere liberamente. In risalita il tutto è più semplice, arrivati con la maniglia sotto l’ostacolo agganciate la longes all’asola o al moschettone di giunzione, quindi sganciata la maniglia la passate oltre e risalite per un po’ portando il croll sotto la giunzione poi lo sganciate e lo passate sopra, quindi recuperate la longes che fungeva da sicura e risalite.
Chi pensava fosse finalmente finita si sbagliava. Preso da un attacco di cattiveria vi creo un’altra difficoltà: l’inversione di marcia.
A volte può capitare di dover invertire il senso di marcia (per fortuna molto di rado) quindi vediamo ora come ciò avviene:
Inversione da discesa in salita: bloccate il discensore con la solita chiave, agganciate la maniglia, alzatevi usando il pedale ed agganciate il croll sulla corda sopra il discensore quindi salite per alcuni centimetri sbloccatelo e recuperatelo quindi continuate la risalita.
Inversione da salita in discesa: recuperate la corda che esce da sotto il croll e dopo aver agganciato al delta il discensore ed il relativo rinvio passate la corda e bloccatela come ben sapete. Abbassate ora la maniglia lasciandola in alto quel tanto che vi permetterà di sbloccare il croll agendo sulla staffa, quindi liberato quest’ultimo portate lentamente il vostro peso sul discensore ed una volta fatto ciò recuperate la maniglia ricontrollate che tutto sia a posto sbloccate la chiave e scendete. Alcune brevi avvertenze di carattere generale, può succedere che inavvertitamente facciate cadere un sasso appena ve ne accorgete gridate più forte che potete ” SASSO”, se invece sentite questo grido ripetetelo per chi sta sotto di voi appiattendovi alla parete o se esiste una nicchia riparatevi sotto non alzate mai per nessun motivo il viso per vedere. Stessa cosa vale se vi sfugge qualcosa di mano, non chiamatela per nome altrimenti chi vi sta’ sotto fraintenderà ed alzerà il viso. Per concludere questo capitolo non sporgetevi mai sui pozzi se non debitamente legati (per quanto vi possiate chiamare Angelo o vostra madre o moglie vi chiamino angelo mio voi non possedete le ali) e non rimanete mai sotto i pozzi per quanto dura possiate avere la testa, ma mettetevi in parte ben al sicuro.
Capitolo terzo
I Nodi
Esiste al mondo un’incredibile quantità di nodi, ho sentito parlare di qualcosa come 2000 o 3000 nodi, fortunatamente nella pratica speleologica se ne usano ben pochi, ma questi bisogna imparare a confezionarli bene. Spiegare a parole come viene confezionato un nodo è cosa molto difficile quindi userò dei disegni sperando che vi risultino chiari. Asola con frizione
Nota anche come: nodo Savoia, nodo delle guide con frizione, nodo ad otto.
USO: per ancoraggi su moschettone, come nodo a fine corda.
Asola inseguita
La confezione di questo nodo avviene doppiando il nodo ad otto quindi alla fine risulta uguale al precedente.
USO: per ancoraggi dove la corda deve essere infilata (alberi, colonne)
Asola doppia con frizione I modo
Nota anche come nodo a coniglio.
USO: per ancoraggi doppi (risulta però di difficile regolazione) in modo da ripartire equamente il carico su due ancoraggi, armo principale di un pozzo. Asola doppia con frizione II modo
USO: come il precedente, ma il tipo di confezione permette una più facile regolazione di una delle due asole in modo da distribuire uniformemente sugli ancoraggi il carico.
Inglese doppio
Noto anche come nodo del pescatore.
USO: per giunzione di due corde anche di diametri differenti, per chiudere un cordino in modo da avere un anello per un ancoraggio, se eseguito con una sola corda funge come nodo di fine corda.
Nodo fettuccia
Noto pure come nodo guida infilato.
USO: è l’unico nodo sicuro per congiungere o chiudere ad anello fettucce ed usarle per ancoraggi. Giunzione di due corde con un’asola inseguita
In questi casi bisogna sempre prevedere di avere un’asola con frizione per la sicura (tale asola deve essere fatta sempre con la corda che viene dall’alto).
Giunzione di due corde con l’inglese doppio
Anche qui si deve prevedere un’asola con frizione per la sicura (fatta sempre sulla corda superiore).
Capitolo quarto
L’armo
Avete visto finora come ci si muove in grotta. Se qualcuno più esperto di voi vi prepara tutto, bene in questa parte apprenderete solo in teoria come armare una cavità e capirete in pratica come e perché siano stati fatti gli armi che avete visto finora. Partiamo ovviamente dall’inizio, volete visitare una grotta già nota allora v’informate sulla sua morfologia procurandovi la successione dei pozzi andando nel catasto delle cavità naturali a vedere la scheda relativa. Fatto ciò vi procurate le corde e le filate nei sacchi tenendo conto che metterete come prima corda quella relativa all’ultimo pozzo poi per il penultimo e così via fino ad arrivare a quella relativa al primo pozzo che incontrerete, durante quest’operazione vi assicurerete che tutte le corde abbiano il nodo alla fine. Nel caso abbiate più sacchi dovrete contrassegnarli in modo da ricostruire facilmente la successione.
Armi naturali: giunti all’ingresso della cavità, che inizia subito con un pozzo, vedete degli alberi e ne scegliete uno che sia sano e piuttosto robusto (eventualmente prendete più di un albero se uno solo non v’ispira sicurezza). Confezionate ora un anello con un cordino eseguendo il nodo appropriato intorno all’albero o meglio usate la corda stessa. Nel primo caso collegate la corda di progressione (tramite la sua bella asola con frizione) all’anello usando sempre un moschettone, controllate il tutto ed iniziate a scendere. Quando arrivate ad un punto nel quale vi accorgete che la corda struscia sulla parete, fate la chiave sul discensore, vi fermate e vi guardate in giro. Avete fortuna, poco sotto il punto incriminato ci sono delle clessidre (piccole colonne) infilate un cordino e confezionate un anello, quindi agganciate a questo un moschettone e poi tramite l’asola con frizione la vostra corda (ovviamente la parte sotto di voi poiché quella sopra è in tiro) vi assicurate che il cordino trazioni le clessidre (o anche stalagmiti) solo in senso verticale (mai nel senso del taglio) se ciò avviene bene avete fatto il vostro primo frazionamento superatelo e scendete.
Scendendo vi accorgete che la corda finisce mentre il pozzo no (avete sbagliato grotta o la successione delle corde), qui i casi sono due: I) volate giù per il pozzo, allora non avete capito niente e questo manuale o non l’avete letto o vi credevate furbi, forse qualcuno vi piangerà, ma molti vi prenderanno ad esempio per la vostra stupidità.
II) vi fermate sul nodo di fine corda, bravi avete imparato dagli errori degli altri ed avete letto attentamente il presente fascicoletto.
Consideriamo il secondo caso, bloccate bene il discensore e se volete essere ancora più sicuri agganciate la maniglia alla corda e su questa la longes come sicura, eseguite la giunzione delle due corde e la superate continuando la vostra discesa. Vi accorgete che la corda tocca nuovamente, ma in prossimità esiste una stalagmite, agite come per la clessidre viste in precedenza. Frazionate e scendete arrivando sul fondo del primo pozzo, per quelli successivi ripetete tutte le operazioni del caso finché giungete sul fondo della grotta. Armi artificiali: non sempre le grotte sono così semplici da presentare tutti gli ancoraggi già pronti, come spesso avviene in Carso dove vi è un’abbondanza di concrezioni. Nelle zone alpine che andrete a visitare infatti il fenomeno carsico è ancora nella sua fase attiva ed esistono rarissimi fenomeni di concrezionamento.
Per ovviare a ciò vengono usati tutta una serie di mezzi che permettono di creare degli ancoraggi sulla nuda roccia , generalmente useremo gli spit e fix con le relative piastrine , chiodi da roccia e nuts .
Spit : si tratta di tasselli autoperforanti per il cui impiego è necessario avere una mazzetta ed un attrezzo particolare chiamato tampone o meglio piantaspit .
USO : lo spit è costituto da un cilindro metallico vuoto all’interno con una parte filettata e l’altra costituta da una corona dentata , avvitate quindi lo spit al piantaspit prendete la mazzetta e iniziate a batterla sulla parete per saggiarne la consistenza . Il rumore vi dirà se vi trovate davanti a roccia sana o no (vi farete l’orecchio sentendo qualcuno più esperto , in ogni caso sono da evitare quelle parti di roccia che hanno un suono sordo) . Trovato il posto adatto usate la parte dentata dello spit per ottenere una superficie liscia e priva di scabrosità dando dei colpi non troppo violenti fatto ciò iniziate ora a battere sempre sullo stesso punto senza troppa violenza e ruotate lentamente il tampone in senso orario . In breve vedrete che il tassello inizia a penetrare nella roccia estraete ogni tanto lo spit dal foro e soffiate con forza nel foro nella roccia in modo da far uscire la polvere , per pulire il tassello potete battere con la mazzetta sul tampone (una volta estratto il tutto dal foro ovviamente) fatto ciò inserite il tutto nel foro e continuate a battere e ruotare , fate conto di essere come un trapano battente. Io di solito uso fare , con il tassello inserito nel foro , qualche giro in senso contrario in modo che questo non finisca per stringersi troppo a fondo sul tampone . Quando vi accorgerete che lo spit risulta essere leggermente dentro al foro estraetelo , pulite dai residui tutto quindi infilate il conetto nel foro dello spit forzandolo leggermente con le mani in modo che non vi cada e reinserite il tutto nel foro , a questo punto date dei colpi decisi con la mazzetta il conetto entrerà nel foro dello spit divaricandolo ed assicurando così la tenuta.Svitate ora il tampone e controllate che lo spit sia a filo con la parete . Se ciò avviene avete agito bene se invece lo spit fuoriesce tenete conto che potrete accettare al massimo 3 mm. di fuoriuscita e già con questi la tenuta è compromessa , ricordate che voi sarete i primi ad appendervici . Nel caso lo spit dovesse sporgere troppo martellatelo con la mazzetta in modo che nessuno possa usarlo e piantatene un altro . Spit messi troppo in profondità non sono neanche sicuri poiché il bullone della placchetta lavorerebbe a flessione e non a taglio compromettendo la tenuta .
Fix : si tratta di tasselli non autoperforanti , per l’uso dei quali è necessario un trapano, attrezzo molto costoso e solitamente non alla portata di un comune speleologo, ma ve li accenno in ogni caso . Ne esistono di varie misure solitamente vengono usati quelli di 8 mm. di diametro e 70 mm. di lunghezza , si tratta di aste filettate in acciaio inox con una delle estremità a forma conica sulla quale è inserita una camicia . Fatto il foro si inserisce il fix con una rondella ed il dado non completamente avvitato aiutandosi con leggeri colpi di mazzetta quindi con la chiave da 13 mm. si stringe il bullone . Il fix inizierà ad uscire leggermente dal foro quindi la parte conica divaricherà la camicia realizzando così la tenuta . Fatto ciò si svita il dado si inserisce la placchetta e la si blocca con il dado .
Placchette : per collegare la corda agli spit o ai fix occorre un elemento di giunzione , questo prende il nome di piastrina o placchetta . Si tratta in ogni modo sempre di pezzi di acciaio o lega sagomati e recanti due fori , in quello piccolo viene messo un bullone (solo se usato con gli spit) in acciaio 8.8 ad alta resistenza che viene avvitato con una chiave da 13 mm. Nel caso dei fix si usa il dado fornito con il tassello . Il foro più grande viene usato per inserirvi il moschettone sul quale si aggancia la corda .
Nuts : si tratta di elementi in lega leggera di varie forme e colori che vengono fatti agire a torsione in quelle fessure che risultano essere troppo larghe per l’impiego dei chiodi . Il loro uso è cosa molto delicata perciò inizialmente evitate di usarli , in ogni modo il loro impiego è piuttosto raro. Quando ne saprete di più su questi aggeggi di derivazione alpinistica potrete impiegarli , ma con grande attenzione poiché un errato impiego porta a situazioni pericolose .
Armo artificiale di una cavità : vi trovate in una zona dove gli alberi oltre ad essere piuttosto scarsi sono pure sottili e trovate l’ingresso della cavità vi guardate intorno e non trovate niente su cui attaccare la corda a parte un roccione , ( mai e poi mai un masso ) , piantate due spit (sempre negli attacchi principali) eseguite l’asola doppia con frizione (meglio quella del secondo metodo) e vi spostate verso l’orlo . La corda tocca la parete , piantate uno spit e fate il frazionamento . Continuate a scendere la corda tocca di nuovo , ma poco sotto esiste una fessura scegliete il chiodo giusto e lo piantate , frazionate e quindi scendete ripetendo le operazioni necessarie ogni volta che se ne presenta l’occasione . Ricordate di doppiare sempre gli attacchi principali dei pozzi ponendo (se li usate) gli spit mai a distanza inferiore ai 13 cm. fra loro (ne viene compromessa la tenuta) la distanza fra gli spit e fra questi ed i bordi della roccia deve essere almeno pari a quella esistente fra le punte del pollice e del mignolo di una mano tenuta ben aperta (mano di misura normale non di un bambino) in ogni caso 20 o 30 –40 cm.minimo.
Chiodi : la roccia spesso e volentieri presenta delle fessure nelle quali può essere comodo mettere dei chiodi . L’uso corretto di tali elementi non è cosa semplice e richiede molta esperienza . Tenete presente che esistono molti tipi di chiodi anche se la prima distinzione da fare è quella fra i chiodi per granito e per calcare . Il calcare è una roccia non eccessivamente dura quindi bisogna usare dei chiodi fatti in materiale apposito , acciaio dolce , che entrando nella fessura si deformano addattandovisi .Usare chiodi per granito significa modificare la fessura vanificando così la tenuta .
Ricordate sempre che il rumore che il chiodo deve dare quando viene martellato deve essere pulito , metallico e quasi tintinnante , un rumore sordo è segno di roccia marcia poco coerente e con tenuta quasi nulla se non nulla . Abbiate sempre in mente che i chiodi lavorano in modo giusto nel senso della torsione , per i vari tipi di chiodi e fessure fate riferimento alla seguente tabella .
Il fattore di caduta
Quando si arma bisogna tener sempre conto di eventuali incidenti , quali cadute oppure cedimento di qualche ancoraggio . In ogni caso un errore di manovra può comportare dei problemi alle attrezzature provocando sollecitazioni tali da compromettere l’integrità delle stesse . La differenza sostanziale fra le corde per alpinismo ( dette dinamiche ) e quelle speleologiche ( statiche ) sta nel fatto che le prime non servono per la progressione ma bensì come sicura in caso di caduta . Risulta chiaro quindi che devono assorbire tutta l’energia che si crea durante una caduta senza per questo lesionarsi e ciò deve avvenire per un certo numero di volte , in pratica esse si comportano come elastici . In speleologia la corda viene usata per progredire lungo i pozzi e quindi deve avere un’altra caratteristica che è la staticità ovvero la corda deve essere il meno possibile elastica di modo che lo speleologo possa salire con una certa comodità . Questa caratteristica e dovuta al particolare uso per il quale viene impiegata la corda tenendo conto anche del fatto che la stessa viene sollecitata con carichi di bassa entità . Quindi armando si dovrà pensare per esempio ad eseguire gli attacchi principali dei pozzi più in alto rispetto al primo frazionamento ed oltre a ciò non si dovrà mai usare corde speleo per arrampicate anche se fatte sotto terra . A questo proposito bisognerà che le nostre corde lavorino al massimo , nella peggiore delle ipotesi , con un fattore di caduta Fc pari a 1 , fattori inferiori sono buoni mentre superiori sono riservati esclusivamente alle corde da roccia . Ora bisogna ricordare che per fattore di caduta si intende il rapporto fra l’altezza totale della caduta e la lunghezza di corda che deve lavorare , nel caso questa avvenga , in altre parole :
Fc = H/L
Immaginate quindi di aver fatto un bellissimo armo principale ed iniziate ora una risalita, procedete per un metro ( vedi figura ) sopra l’armo e scivolate arrivate all’ancoraggio e continuate la caduta finché la corda non vi ferma ovvero un metro più in basso . Rilassatevi e fate un due conti tranquillamente appesi sul pozzo : eravate un metro sopra l’ancoraggio ed ora siete un metro sotto quindi la vostra caduta totale è stata di 2 metri ma il tratto di corda interessato e di 1 metro quindi 2:1=2 ovvero avete raggiunto un Fc pari a due vi sentite raggelare bene forse avete capito che dovete stare più attenti e che la corda sulla quale siete appesi forse non è più buona come prima .
Lo stesso discorso vale anche se siete saliti non proprio in verticale ma obbliquando sicuramente non avrete raggiunto il fattore di caduta 2 ma comunque vi siete allontanati da quello d’uso per il quale la vostra corda è stata studiata ( che come ben ricorderete è 1 ) .
I paranchi
Il paranco semplice :
Con il termine paranco viene indicato un particolare uso di attrezzi speleo atti a permettere il recupero di pesi in sicurezza . L’attrezzatura necessaria consta in : un buon ancoraggio una carrucola un bloccante ed alcuni moschettoni . L’uso appropriato di tali elementi permette il recupero di pesi in un pozzo rendendo possibile lo scorrimento della corda in un solo senso e cioè quello del recupero . La sua attuazione è mostrata in figura ma come tutte le cose è meglio impararla dal vivo osservando una persona esperta .
Il paranco doppio :
L’uso è il medesimo del precedente ma aumenta la quantità di materiale usato . Per allestire il tutto occorrono : due carrucole , tre moschettoni paralleli e due bloccanti più , ovviamente , il materiale per gli attacchi . Il tutto va montato come in figura è funziona allo stesso modo del paranco semplice ma permette di effettuare il recupero con minor sforzo rispetto il caso precedente . In mancanza di carrucole la corda può agire direttamente sui moschettoni però così viene ad aumentare l’attrito mentre , come bloccanti possono venir usati quelli del gruppo in quanto solo le squadre del Soccorso Speleologico sono munite già di partenza di un certo numero di bloccanti presi appositamente per tale scopo .Questo secondo metodo e da preferirsi al primo in quanto almeno in teoria ( quindi attriti vari a parte ) per sollevare un certo peso e necessario compiere uno sforzo pari ad un terzo del peso stesso . Anche per questo caso vale quanto detto prima riguardo l’osservare i più esperti prima di accingersi a compiere tali manovre .
Capitolo quinto
Le manovre di fortuna
Anche se in genere la fortuna ci assiste non sarebbe mai male imparare qualche trucco che vi possa trarre d’impaccio in certe situazioni un po’ delicate .
La discesa con mezzi di fortuna : mettiamo il caso che , sull’orlo di un pozzetto , mentre armeggiate con il vostro discensore questo vi cada , di saltare giù per il pozzo non se ne parla nemmeno quindi pensate un attimo e ricorrete ad uno dei seguenti metodi (da usare solo in caso di effettivo bisogno) .
Mezzo barcaiolo o mezzo paletto : su un moschettone agganciato al delta passate la corda quindi la fate girare sopra la stessa e rientrate nel moschettone (vedi figura) girate ora il moschettone in modo che l’apertura si trovi verso il basso in maniera che la corda non agisca sul clicchetto aprendo il moschettone . Tenete la corda con una mano avendo presente che se l’alzate rallenterete mentre se l’abbassate aumenterete la vostra velocità di discesa .
DIFETTI : questo sistema tende ad attorcigliare la corda .
PREGI : si ha un’efficace frenata .
Freno moschettone :
I° Tipo : agganciate il moschettone al delta ed a questo un altro formate con la corda un occhiello e passatelo nel moschettone infilate ora un chiodo o una mazzetta . Tenendo il capo libero regolate la discesa . Potete costruirvi questo “discensore” anche usando solo moschettoni messi ortogonalmente ed avendo l’accortezza di non far agire la corda sulle aperture degli stessi .
DIFETTI : richiedono il controllo continuo dell’elemento orizzontale e comportano uno sforzo sulla barretta del moschettone .
PREGI : la corda non viene attorcigliata . II° Tipo : da usarsi esclusivamente con moschettoni paralleli , è simile al primo come confezione però i moschettoni vengono messi parallelamente fra loro , usando in serie più moschettoni si aumenta l’effetto frenante .
DIFETTI : bisogna avere ed usare solo moschettoni paralleli
PREGI : come il precedente . Tutti questi metodi si possono bloccare allo stesso modo (vedi figura) , prendete il capo libero della corda ed alzatela parallelamente a quella in trazione con l’altra mano stringetele entrambe ciò vi permette di fermarvi , quindi con l’altra mano eseguite un’asola ed annodatela lungo la corda , ovviamente due asole rendono il tutto più sicuro La risalita con mezzi di fortuna : la sfortuna di cui sopra continua a perseguitarvi , al momento di risalire vi accorgete di aver dimenticato o perso il bloccante mobile . Sapete già che potrete risalire ugualmente , sarà scomodo e lungo ma ce la farete . Prendete un cordino o un pezzo di corda ed eseguite uno dei seguenti nodi autobloccanti Prussik : fatto un anello con il cordino passatelo lungo la corda ed attorcigliatelo come in figura , più giri fate maggiore sarà la tenuta allo scorrimento . Una volta caricato il nodo si stringe e si blocca . Non è il massimo per quanto riguarda l’allentarlo , ma funziona .
Marchand : con il solito cordino messo in doppio avvolgete per alcune volte la corda quindi con la parte rimanente salite entrando nell’occhiello che avrete lasciato all’inizio . Funziona similmente al precedente ma è più facile allentarlo e farlo scorrere .
Autobloccante con moschettone o Bachmann : infilate l’anello di cordino nel moschettone quindi avvolgetelo serrando insieme corda e moschettone come in figura . L’insieme funziona bene quasi quanto una maniglia .
Capitolo sesto
In caso di incidente
Se un vostro amico cade o si fa male non spostatelo mai , a meno che il punto nel quale è caduto non sia manifestamente pericoloso , poiché rischiereste di aggravare le sue condizioni . Cercate di avere con voi sempre un telo termico costa poco e spesso potrà tornarvi utile . Per quanto concerne i primi aiuti basatevi sui consigli che troverete nella dispensa di pronto soccorso .
Potrebbe capitare che il vostro amico (sempre quello sfigato) abbia un incidente mentre si trova appeso sulla corda e se perde conoscenza vi accorgerete che tenderà ad assumere una posizione semiorizzontale con la schiena inarcata , in queste condizioni secondo le statistiche può sopravvivere dai 3 ai 5 minuti . Usando la corda raggiungetelo , e se non siete in grado di effettuare il soccorso uomo a uomo , senza scuoterlo troppo assicuratelo almeno alla corda in posizione verticale dopo di che con moltissima attenzione (sarebbe davvero grave che capitasse qualcosa anche a voi) con la velocità di un fulmine corrette ad un telefono ed avvisate il Soccorso Alpino e Speleologico che con le sue squadre di specialisti interverrà in breve tempo e con competenza .
Ricordate che il numero più sicuro per andare in grotta in questo caso è lo stesso delle gite in montagna e cioè 3 persone , in quanto in caso di infortunio ad uno del gruppo il secondo lo assiste , mentre il terzo chiama i soccorsi . E’ comunque buona norma lasciar detto a qualcuno in quale cavità intendete andare di modo che , in caso di ritardo , si sappia dove cercarvi . Finora non è mai successo , ma non si può escludere che accada che qualcuno armeggi con la vostra corda impedendovi di uscire (ad esempio sganciandovi l’attacco principale all’esterno) . In questo caso ponendo che l’uscita avvenga durante il fine settimana se avete lasciato un avviso solo in sede del gruppo qualcuno si preoccuperà della vostra assenza appena al lunedì o martedì mentre se lasciate un chiaro biglietto , con il nome della cavità , a casa , i soccorsi saranno allertati già la domenica sera . E’ preferibile in ogni caso un biglietto scritto in quanto chi non è dell’ambiente (speleologico) ha una certa difficoltà nel ricordare i nomi delle cavità .
Materiali utili
Per quello che riguarda la mia esperienza speleologica ho visto , imparando a mie spese , che spesso è utile avere con sé delle piccole ma utilissime cose .
Osservando l’interno del mio casco vedrete un telo termico del tipo non riutilizzabile , si tratta di una sottile coperta di alluminio che costa pochissimo , pesa niente e può tenervi caldo evitando l’ipotermia in caso di soste forzate (in caso di incidente può contribuire a salvare la vita del malcapitato) . Poi troverete un tubicino in gomma morbida che uso per aspirare l’acqua per la carburo dalle pozze , oltre a questo ( non ridete ! ) ma in un sacchetto a tenuta stagna c’è della carta igienica vedrete che nel caso di lunghe permanenze in grotta potrà tornarvi utile . In ogni caso sarebbe meglio tenere il tutto in una sacchetta personale ed in ogni caso evitare di inserire nel casco oggetti duri in quanto in caso di caduta di una pietra questi potrebbero spostarsi per il contraccolpo e ferirvi nonostante che il casco non venga danneggiato . All’esterno del casco noterete fissato sull’elastico che chiude il porta batteria un coltellino può tornarvi utile in molte occasioni .
Conclusione
Letta tutta questa dispensa siete in grado di fare speleologia solo a livello teorico , ci vogliono infatti moltissime uscite ed anni di pratica continua prima che siate in grado di cavarvela da soli in tutte quelle situazioni che il lato pratico della faccenda vi metterà davanti.
Quindi almeno all’inizio non abbiate fretta e girate con qualcuno più esperto di voi , questo è il modo migliore per divertirsi , imparare e non farsi male .
BUONE GROTTE A TUTTI
Bibliografia
S.S.I. | Manuale di Speleologia | Longanesi | |
M. Meredith | La Speleologie Verticale | Amorini | |
T.C.I. | Manuale pratico di Speleologia | ||
Edelrid | Cordologia | ||
Marbach | Rocourt | Tecniques de la Speleologie Alpine | |
C.N.S.A. S.S | Resistenza dei materiali Speleo-Alpinistici | ||
D . Elliot | Single Rope Tecnique | Troll | |
Bigon | Regazzoni | Guida ai nodi | Mondadori |