Grotta Impossibile di Cattinara – L’ INIZIO DELLE ESPLORAZIONI

GROTTA IMPOSSIBILE DI CATTINARA – L’ INIZIO DELLE ESPLORAZIONI

pubblicato su ” PROGRESSIONE N 51 ” anno 2004

PRIMI ACCESSI AI LAVORI NEI TUNNEL ARTIFICIALI E LE PRIME SCOPERTE
Premessa
Nell’ ambito del cantiere di costruzione, del nuovo traforo autostradale posto tra le località di Cattinara e di Padriciano alle porte, e sul carso di Trieste, veniva costituita una commissione regionale composta da alcuni commissari regionali e dal il proff. Franco Cucchi docente di geologia applicata e geografia fisica all’università di Trieste non che direttore del Catasto Regionale delle Grotte del F.V.G., commissione preposta ad attuare tutte quelle misure di interventi attuativi per la tutela e salvaguardia di grotte eventualmente intersecate e messe in luce lungo il percorso dei due tunnel ( canna Trieste e canna Venezia indicative dei due sensi di marcia ) e dei settori di collegamento tra le medesime.
Gli importanti lavori riguardano la grande viabilità triestina, fanno parte del II° lotto 3° stralcio commissionati al Consorzio Collini-Rabbiosi da parte del Comune di Trieste su finanziamento regionale a sostegno delle grandi opere nazionali.
Senza dubbio, sono discutibili le scelte progettuali adottate, anche se non è intenzione intavolare su questo foglio un dibattito su questo tema, non tratteremo la questione ecologico-protezionistico. In avvio dei lavori e più tardi, durante la fase esplorativa della grotta, questa non fu mai sollevata, se non occasionalmente con qualche discussione in merito al grande impatto ambientale dell’opera, soprattutto nelle aree esterne.
Di fatto le esplorazioni e le indagini geologiche e morfologiche degli ipogei incontrati, sono iniziate dall’equipe di studenti e ricercatori (alcuni dei quali speleologi esperti), sotto la direzione del dipartimento del Proff. Cucchi dell’Università di Trieste. Di seguito sono subentrati gli speleologi della città di Trieste, facenti parte delle associazioni, non che del Collegio delle guide speleologiche regionali, che spinti anche da maggior entusiasmo, hanno dato l’impulso decisivo alle ricerche.
Voglio precisare, che si è cercato nei limiti organizzativi di coinvolgere tutte le entità rappresentative di tutti i gruppi, ed in special modo di quelli più interessati e motivati.
Non cito, quindi a mo di elenco, tutti i partecipanti alle esplorazione con i corrispettivi gruppi di appartenenza, per questo elenco sarebbe necessario una cartella a parte, preferisco dire che la grotta possa essere della cittadinanza ed in particolare della frazione di Cattinara, che per certi versi, si troverà il territorio profondamente trasformato.
L’ AVVISAGLIA DELLA GROTTA
Non solo per un mero calcolo statistico, ai primi del mese di novembre 2004, durante i lavori degli iniziali quattrocentocinquanta metri circa di galleria ed in particolare nella “canna Trieste”, venivano scoperte alcune grotte all’interno dl tracciato. Il direttore dei lavori, l’ing. Enrico Cortese del Comune di Trieste, provvedeva a comunicare al direttore del Catasto Grotte Regionale delle Grotte, il proff. Franco Cucchi del ritrovamento. Così venivano esplorate e topografate, in particolare due brevi tratti di gallerie fossili, molto interessanti dal punto di vista geologico e morfologico, ma relativamente brevi, di cui una la più interessante, essendo spostata ad ovest rispetto l’asse principale del tunnel, rimane conservata e percorribile lateralmente. In questa occasione, fu possibile effettuare assieme ad alcuni operai della Collini s.p.a.una breve perlustrazione anche nella “canna Venezia”. Lungo questo percorso, dunque veniva scoperto un ristretto pertugio rimasto aperto, tra le doghe d’acciaio appena infisse e le pareti messe in sicurezza da un getto di consolidamento di betonite-cemento. Agli occhi degli speleologi presenti, di fatto, forzato il passaggio, si presentò con inconfondibilmente aspetto quella che sarebbe diventata una grotta di notevole importanza. Una grande ed aggettante parete, sulla sinistra, indicativa di una struttura a faglia, dopo breve caos di massi sprofondava in un salto verticale di discrete dimensioni e per circa 25 metri di profondità, si notò immediatamente un notevole flusso d’aria in aspirazione.

NASCE LA GROTTA IMPOSSIBILE DI CATTINARA
Ritornati alla grotta verso la metà di novembre, si esplorava il pozzo non dopo aver soprattutto, liberato il terrazzo ingombro di massi, prodotti dalle potenti esplosioni delle volate precedenti, e semi incastrati sul suo bordo iniziale. Sceso il salto, ed uno più breve successivo, si presentò alle luci delle lampade a carburo, ma soprattutto ai fari di profondità, una grande struttura, al contempo alquanto imponente e complessa. Dalla base del primo pozzo d’accesso, si dipartono infatti alcune diramazioni laterali di cui una in pozzo ed altre di dimensioni più modeste in risalita e tuttora non del tutto esplorate. Alla base del secondo breve pozzo si percorre una sala di discrete dimensioni, con due bocche di gallerie, di cui una pensile e posta a circa 6 metri dal piano di calpestio. Venne notata così, alla base della parete est della sala una vera e propria bocca di circa due metri per uno di altezza, un passaggio obbligato di pochi metri, ma indicativo delle dimensioni volumetriche e delle implicazioni del complesso della cavità, la fortissima corrente d’aria risucchiata in aspirazione attraverso questo “collo di bottiglia”, farà si che lo si chiamerà “passaggio Venturi”. Da questo, si accede ad un tratto di bellissima galleria caratterizzata da discrete dimensioni e dai resti di una vaschetta carsica in regime di “secca”. Notevoli, gli antichi livelli dell’acqua, visibile “ l’impronta carbonatica”, lasciata sulla parete. Alla fine di questo primo tratto occhieggiava agli occhi dei primi esploratori una finestra nera sul buio più profondo.
Con grande emozione, frenando l’eccitamento si affacciarono in un ambiente dalle caratteristiche inusuali. Con i grandi fari di supporto percorsero quelle pareti di galleria che si perdevano in profondità, evidenza di una antica impronta fluviale intrappolata da millenni nel sottosuolo dietro casa, in un settore del Carso triestino tutto sommato poco conosciuto ed esplorato. L’antico soffitto della galleria sfuggiva nel buio, con una certa forma sinuosa a “meandro”. Sulla prima impressione, il gruppo si spostò sulla sinistra percorrendo una vasta cengia che in realtà terminava sul fianco della struttura stessa ma sotto l’arrivo di una altra grotta, bastò retrocedere ed abbassarsi lungo la base, per scendere un piano molto inclinato costituito da una liscia colata di calcite e quindi risalire una zona interessata da grossi massi, per trovarsi tra le alte pareti distanti in questo punto mediamente 15 m ed alte 40m. Con un certo sgomento, però, l’atmosfera si fece greve, una nebbia sicuramente composta dall’attività di cantiere avvolgeva l’area, inducendo il gruppo ad una certa prudenza, soprattutto per valutare eventuali effetti negativi nello assumere-respirare una miscela d’aria non proprio sana. Comunque si percorse ancora un bel tratto, per poi fermarsi in un punto prestabilito, visto l’ora ormai scaduta dell’appuntamento con la direzione lavori e stabilita per l’uscita.
A malincuore si decise dunque di uscire,e tornare sui propri passi, ed appena il mese successivo, il comune di Trieste, e l’Impresa permisero di accedere nuovamente alla cavità.
Ripercorso il tracciato conosciuto, e contagiati da una certa “febbre da esplorazione”
I primi esploratori della grotta, diventata già la Grotta Impossibile di Cattinara, si trovarono a percorrere, un tracciato ipogeo scritto dal destino. Giovani volti, dagli occhi dilatati dal buio, s’incrociarono ad ogni svolta del percorso, con le pieghe e la sicurezza dello sguardo di chi, da decenni viveva ormai una relazione di simbiosi e di intimità con la speleologia della scoperta, con l’ennesima emozione, di respirare il mistero dello sconosciuto, il primo di qualsiasi evento mai narrato da cuore umano. Il grande evento, stava nuovamente per verificarsi attraverso quello semplice saltellare tra i massi lungo un tracciato dettato dal buio, questa volta quasi eccezionalmente predisposto e facile ed al contempo incredibile, quasi “impossibile”…. L’incredulità tra il gruppo, si fece ad un tratto silenzio, gli sguardi puntarono sulla gigantesca sentinella, posta a guardia dell’ignoto. Una enorme stalagmite, come mai vista nelle nostre aree esplorative, stava la in alto al culmine della china, sopra di noi mentre si saliva tra giganteschi massi di crollo parzialmente inglobati nella calcite. Come nei più degni resoconti esplorativi del “ Martel” alla Pier S.Martin, l’emozione fu grande a percorrere grandi ambienti e grandi formazione carsiche. Passammo alla base della gigantesca colonna, e tra i ciclopèici resti crollati di un’altra, la valutammo alta circa 20m, ma la “febbre”, aumentò nello proseguire. Davanti a noi, e valicato un specie di passo di montagna posto però nel buio di un gigantesco cavo sotterraneo, e composto alla base da un livello di pietrame, si apriva quella che sarebbe poi diventata una delle più vaste, se non la grande caverna del Carso di Trieste. Le formazioni calcistiche parlavano chiaro si progrediva in un ambiente sotterraneo, gigantesco, stalagmiti a forma di tanti piatti sovrapposti, indicavano la caduta dell’acqua da notevoli distanza.
Qualcuno prima della discesa in quella scenografia da Giulio Verne, in ginocchio baciò, tremante il suolo, concentrandosi nell’antico gesto la prostrazione e ringraziamento.
Il giorno dopo, ripercorremmo, il perimetro, 130m per 80m mediamente, ma l’attenzione già era attratta da tutte quelle possibilità di cercare una prosecuzione, possibile o impossibile, le quali dovevano essere prese in esame e valutate ai fini della logica esplorativa, visto che comunque l’enorme sala sul fondo tappava.  IL DETERMINANTE PASSAGIO CHIAVE, “N. B. AVANZA A NORD OVEST”
Mentre l’esplorazione della Grotta Impossibile diventò preda dei media che la fagocitarono nel perfido meccanismo della notorietà dei fatti e dei soggetti, innescando, una serie di incomprensioni, fraintendimenti, invidie tra i gruppi speleo ed i vari soggetti interessati. A seguito della scoperta dell’enorme vano una moltitudine di “grottisti” frenetici e curiosi sparpagliati lungo le insondabili pareti si misero a “sgrufolare” nell’intento della fondamentale scoperta, la continuazione. Evidenti erano alcune arrivi ed innesti di gallerie difficilmente raggiungibili sulla parete nord della sala ed altre poste ancora prima lungo i tratti iniziali dall’intercettazione con le gallerie artificiali. Personalmente, tentai una sortita sulla parete sud della sala, senza ottenere grandi risultati tranne la scoperta di un deposito di bei pisoliti, mi accinsi quindi a girovagare nel buio intenso del vasto ambiente gustandomi l’inusuale senso di grandezza del fenomeno, quando, risalendo la grande parete aggettante a nord, quella per intendersi, dove occhieggiava una evidente apertura, raggiungibile solamente con abile e impegnativa arrampicata artificiale, fui attratto da un settore della parete molto più articolato. Un attimo prima spiegavo all’ ingeniere Tenconi della maestranze, che stavo accompagnando, sulla necessità dell’individuazione del passaggio per by-passare il settore della grande caverna che per forza formava un “cul de sac” inibitore alla ricerca della prosecuzione fisica della grotta. Mi accinsi quindi ad esplorare la parete, superato il primo passo constatai, che non c’erano tracce di esploratori precedenti, mi inerpicai dunque su una comoda cengia sulla sinistra alla fina della quale, una grande nicchia sembrava nascondere una prosecuzione, con delusione invece c’era una fessura intasata, interessante, ma non era quello che cercavo. Alzai lo sguardo e finalmente intuii dove bisognava arrivare più su, mi trovavo certamente in un’area “buona”, la roccia era articolata anche se resa omogenea dalle formazione calcistiche, c’era qualcosa, un solco, intuibile, tagliato evidenziato dai crolli della sala, o semplicemente un antico arrivo….mi spostai sulla sinistra per un facile passaggio leggermente esposto, a circa una ventina di metri dal fondo della caverna, superai ancora un breve tratto verticale, ed il gioco era fatto, davanti a me si presento un meandro, una bocca di erosione concrezionata con una caratteristica colonna nel mezzo. Mi affacciai, avanzai qualche metro e “nostra sorella aria”, mi risucchiò caparbiamente con tutti i vapori della tuta, i fumi si dilatarono disperdendosi verso i territori sotterranei ancora vergini.
Questo è il passaggio chiave della Grotta impossibile ed uno dei più eleganti per la risoluzione del sistema anche se logicamente non sarà l’unico, la cavità ne regalerà ancora a piene mani.

LA RIPRESA DELLE ESPLORAZIONE ED I PRIMI RISULTATI TOPOGRAFICI E LE RICERCHE NATURALIUSTICHE
A questo punto le festività natalizie e di fine d’anno imposero un sosta forzata piena di aspettative, il cantiere autostradale rimase chiuso ed inaccessibile per ferie. Nel frattempo, ci si accordò su indicazione anche del direttore del Catasto su un maggiore coinvolgimento di tutti i rappresentanti dei gruppi speleo triestini e provinciali. Intanto grossi titoli a piena pagina sul Piccolo, imprimevano un grande interesse per la grotta, sia per gli aspetti squisitamente esplorativi e di conoscenza del sottosuolo, che per questioni più scientifiche ed in particolare per gli aspetti geo-morfologici e naturalistici. In ultimo ma non meno importante, nasceva un nuovo tipo di rapporto-relazione tra un evento geografico importante all’interno di un lavoro di grande interesse pubblico come la costruendo autostrada sotto l’altipiano carsico triestino. Per certi versi, si instaurò attraverso i media ed in particolare la carta stampata una presa diretta con l’evento, in diretta tra cittadinanza e speleologi, confermata dal notevole aumento delle vendite del Piccolo ad ogni settore nuovo di grotta esplorata, giustificabile pure l’aspetto squisitamente “urbano” del fenomeno mediatico, essendo di fatto la grotta a poche centinaia di metri dalla città di Trieste e praticamente inserita in una importane infrastruttura cittadina (l’autostratda), con tutte le implicazione conseguenti. Si ….. i rapporti e l’eventuale volontà politica per la salvaguardie e conservazione del sistema ipogeo, gli interessi delle singole amministrazione pubbliche rappresentanti i vari indirizzi di ricerca e di studio interessate in qualche maniere di essere rappresentate attraverso la grotta. Si compose quindi un complicato ma funzionante intrigo di rapporti tra esploratori, i media, il titolare “maximo” del cantiere il Comune di TS, i ricercatori-studiosi, le amministrazioni pubbliche, i politici,i titolari dell’impresa esecutrice, i rappresentanti delle associazioni speleologiche e degli altri collegi regionali, gli amici degli amici, gli amici con qualche interesse personale etc. etc. Un vero e piccolo inferno per il coordinatore delle esplorazioni, degno degli accordi post bellici – bosniaci di Dayton….
Comunque digeriti i panettoni natalizi con o senza canditi, due squadre entrarono ad esplorare il meandro “omaggio al Corchia” posto sulla parete nord e le altre diramazioni nel tratto iniziale, presenti diversi rappresentanti dei gruppi triestini. Venivano risalite alcune tratti di galleria che però non davano il risultato sperato. Il meandro invece, non deluderà, dopo un primo tratto in condotta ed evitato un salto di circa 15m lo si scavalcherà con un successivo salto di 20m che da accesso ad un sala con varie diramazioni alte. Di primo acchito si sceglierà una risalita che in cima al camino chiuderà, dopo altri tentativi finalmente,con quattro spit-fix e 10m di risalita ritroveremo l’aria e la prosecuzione attraverso quello che secondo me è uno dei più belli ed eleganti tratti delle grotta. Percorsa in leggera salita una lunga fessura meandro estremamente regolare, in opposizione su due effimere ma rugose cengette, poste su due pareti coperte di cristalli di calcite, ci si affacciò su un breve saltino non dopo aver superato una infida lama di roccia semi-staccata. Si accedeva dunque in una sala-camino di più cospicue dimensioni, interessata da una frana dall’aspetto alquanto recente. L’ostacolo successivo fu subito superato, con una serie si spit-fix ed una staffa, si raggiunse il culmine della frattura, dove l’aria, continua la sua corsa aspirata in un forte flusso verso N-W. Quattro esploratori, quindi ormai sprovvisti di corde raggiunsero con una serie di di traversi-arrampicate in splendidi ambienti al culmine di un salto valutato intorno ai 40 metri e di grandi dimensioni. Vista l’ora tarda si rimandava la discesa alla volta successiva.
La seconda squadra esplorativa risaliva invece nella zona iniziale, e sotto il primo pozzo, una parete dove erano visibile in particolare un arrivo – galleria ed altre diramazioni fossili sub-parallele alla struttura principale. Nei giorni successivi tutti i dati topografici raccolti, venivano elaborati nell’ambito della facoltà di geologia, dipartimento di scienze della terra, presso l’università di Trieste, cercando di avere per quanto possibile, un lavoro sviluppato in “progress”, ed utile per i vari agganci topografici da effettuare dalle varie squadre operative.
La terza settimana di gennaio, vedrà un folto e variegato gruppo di speleologi affaccendarsi di buon ora all’ingresso delle gallerie artificiali. Dopo aver predisposto un gruppo di supporto alla visita in cavità da parte della direzione dei lavori, varie squadre, tra cui due esplorative, una di fotografi, una di geologi del dall’’università di Trieste, ed una composta da naturalisti del Museo di storia naturale del Comune di Trieste, nonché una squadra composta da una “toupe” televisiva, si accederà alla grotta.
Una squadra attaccava ed attraversava da est verso nord all’interno della vasta e complessa parete che caratterizza questo settore della grande caverna, con abile intuito “alpinistico” manifestato da un o dei più giovani, si raggiungeva la bocca di galleria (6×6) che s’era vista occhieggiare dalla parete strapiombate, non senza difficoltà, quindi si raggiungeva una galleria in risalita, con notevole flusso di aria fresca in aspirazione, la squadra dunque si fermava al cospetto di una risalita da effettuarsi con ulteriore materiale d’armo.
L’altra squadra percorreva il lungo meandro fessura, e raggiunto il punto più avanzato, si armava uno splendido p.37, (pozzo Aldo Calice), alla base del quale, con grande sorpresa ed emozione si trovarono praticamente su un bivio ad “H”. Il quadrivio, in pratica veniva formato dall’incrocio di due caverne principali, tutte e due con il proprio “a monte “ e “ a valle” ma collegate tra loro nella parte più estesa. A dire il vero, sulle prime non si sapeva dove procedere per un certo imbarazzo sulla scelta, una situazione veramente, inusuale ed un po’ comica…a destra una splenditra galleria di alcuni metri di sezione occhieggiava in un tripudio di concrezionamenti…a sinistra tra i massi ed una breve e comoda risalita sprofondava un ulteriore salto, al centro in un ambiente immacolato, si risale una colata di una decina di metri entrando nella cosi chiamata “bocca del pescecane Pinocchio”, attraverso la quale si accede alla caverna annessa da dove si dipartono due diramazioni, la più eclatante, si trasforma ben presto in una grande forra-galleria fossile la quale attraverso un nuovo sprofondamento di 22 metri esprime tutta la grandezza dell’antico corso d’acqua che l’ebbe formata. Questo tratto di cavità una volta raggiunta la base della struttura è una dei tratti nodali importanti della grotta, infatti da questo punto dopo breve risalita su un pendio fangoso si accede ad un’altro bivio da dove, verso destra si discende fino a raggiungere un caratteristico- meandro concrezionato. Procedendo dopo un saltino ed alcune anse ci si affaccia su un salto. Il pozzo p.50.. ha una partenza spettacolare, la campana sprofonda regolare ed il fondo si presenta piatto circondato da pareti regolari dove è visibile una notevole erosione prodotta sulla roccia viva. Da un passaggio scomodo posto alla base si accede ad ulteriore pozzo, p. 19.. piuttosto viscido e quindi ad un ambiente considerevolmente più vasto e di una bellezza un pò inquietante. Il successivo sprofondamento assomiglia ad un ambiente forra dove un lato del fondo e ingombro da sassi e fango in posizione instabile, quindi verrà attrezzata la discesa tutta a destra sulla roccia più solida evitando , tranne negli ultimi metri di discesa uno viscido colatoio fangoso saturo di argilla plastica. Questa fase di discesa si rese alquanto eccitante quando, tra un foro e l’altro del trapano, si aggiunse il ben più deciso rumore prodotto dal macchinario dell’impresa impegnata in testata delle gallerie autostradali, impegnate con la preparazione dei fornelli per le volate di mezzanotte del primo turno di lavoro…quindi vista l’ora venne topografato dal fondo da dove alcune prosecuzione inferiore saranno lasciate per appetiti a venire. Al ritorno in risalita si attacca la grande risalita, posta presso il bivio vicino alla base del p. 22, (punto nodale). Dopo 50 metri di slalom su colate e tra grosse stalagmiti si accederà ancora increduli ad una vasta sala, interessata sulla sinistra da notevoli fenomeni di crolli, la situazione in questo tratto si presenta dunque complicata. Mentre a ovest nord-ovest si notano, anche con l’ausilio di un grosso faro, alcuni arrivi ed una galleria più articolata con breve risalita, e mentre a nord si intravede al di là di un larga cengia, forse una ennesima prosecuzione, ed est fu sufficiente percorrere il lato di questa sala per imboccare una splendida galleria ad andamento sub-orizzontale con la quale ci si immise in un nuovo settore della cavità. Percorsi alcune centinaia di metri, momentaneamente ci si arrese, non dopo aver assaggiato una arrampicata in risalita, luogo della certa continuazione. Questo tratto bellissimo sarà chiamato galleria delle “Canocie Sgionfe de Barcola” per l’abbondanza esplorativa.
Non sono descritti i nuovi settori esplorati a fine febbraio, inizio marzo.! LE CONSIDERAZIONI IN BASE AI NUOVI SVILUPPI
A questo punto, l’importanza della cavità assunse ben più peso. Risulta chiaro che diverse strutture ipogee, provenienti da antiche orografie diversificate, s’intrecciavano a formare u n complesso in genere rispettoso di un quota madre sul livello medio marino al di sotto dei 250 metri le vie si complicano in ambienti probabilmente meno antichi, con poche formazioni calciche, e dove sono ben visibili gli aspetti erosivi dell’acqua, specialmente nei tratti verticali. Il costante aumento poi, anche sulle pareti di un velo di argilla di aspetto plastico, e che in pratica intasa assieme a più recenti crolli il fondo dei pozzi (settore 2), a 150 m slmm, fa pensare che il maggiore sviluppo ed importanza dei drenaggi si sia sviluppato in una fase iniziale e precisamente ubicata tra i 280m ed i 360m slmm. Tra queste quote infatti, le morfologie rispettano quelle caratteristiche di gigantismo ipogeo ben visibili nella grande caverna, e dove, a mi avviso si innestano almeno 3 cavità principali, a formare nel loro intreccio un vano di cospicue dimensioni, accentuato in seguito da grossi fenomeni di crolli provenienti dalla volta e soprattutto dalla prete nord. Non ultimo problema anche l’aspetto tecnico in base alle risultanze topografiche dei rilievi e delle poligonali in quanto la cavità nel suo artiglio di nord-ovest piega inesorabilmente verso il tracciato delle gallerie artificiali, creando un situazione di interferenza poco auspicabile per le esplorazioni a venire, se non altro per l’immissione in grotta dei fumi dell’attività di cantiere, i quali ci hanno accompagnato sempre anche se in forma qualche volta latente……..
Louis Torelli