VERATRUM NIGRUM L. NEL POZZO PERINOGA (54 VG) E NELLA FOVEA PERSEFONE (185 VG)
Pubblicato sul n. 39 di PROGRESSIONE – Anno 1998
PREMESSE
II fenomeno dell’inversione termica, già percepibile negli avvallamenti e rilevante nelle doline, risulta particolarmente esaltato nei profondi baratri, negli ampi pozzi e nelle imponenti voragini che si aprono sull’altipiano carsico triestino. In tali siti vengono di conseguenza a determinarsi singolari topoclimi e precisi microclimi che favoriscono l’insediamento e lo sviluppo di una particolare vegetazione che è tipica di zone situate a quote di gran lunga più elevate, sottoposte ormai a climi spiccatamente continentali od anche alpini.
Accanto al prevalente contingente vegetazionale – che comprende in massima parte Muschi (Briofite) e Felci (Pteridofi-te) – vi figura un ristretto gruppo di specie d’impronta dolinare con fiori (Spermatofi-te), la cui esistenza in tali ambienti potrebbe rivelarsi, a prima vista, un evento sorprendente ma che trova immediatamente la sua giustificazione proprio nelle condizioni climatiche del sito in cui esse si sviluppano.
Si distinguono, a tal proposito, Primula vulgaris, Galanthus nivalis, Asarum eu-ropaeum, Dentaria enneaphyllos, Coryda-lis cava, Lathyrus vernus, Lamium orvala, Lamiastrum montanum, Geranium rober-tianum e Cyclamen purpurascens.
Del tutto eccezionale è invece, in tali ambienti, la presenza di alcune altre Sper-matofite, quali ad esempio quella di Li-lium carniolicum, di Lilium martagon, di Moehringia trinervia e, non ultima, quella di Veratrum nigrum.
E si riferiscono proprio alla segnalazione ed ai caratteri ecologici di Veratrum nigrum, presente nella fascia “liminare” di due notevoli voragini carsiche, i contenuti di questa indagine.
CARATTERI MORFOLOGICI ED ECOLOGICI DI VERATRUM NIGRUM L
Veratrum nigrum L. (Veratro nero, Elabro nero) è una superba Liliacea che si sviluppa nei boschi, nei cedui e nelle radure montane della regione Euriasiatica temperata, da pochi metri sul livello del mare sino a 1600 m di altitudine. È specie perenne geofita rizomatosa la cui altezza varia fra i 50 ed 150 cm. È agevolmente riconoscibile per il caule robusto pubescente, recante inferiormente foglie ovate o bislungo-ellittiche disposte a spirale – a differenza della Genziana (Gentia-na lutea), con cui il Veratro è ancor oggi a volte purtroppo confuso – e superiormente quelle fiorali lineari. Ma ciò che colpisce l’attenzione dell’escursionista, con la passione della Botanica, è la lunga e splendida pannocchia recante numerosi piccoli fiori (tepali) di colore porporino scuro, riuniti in eleganti racemi lassi. Dal punto di vista ecologico, la pianta trova il suo naturale habitat nel Seslerio-Querce-to della Rovere (Seslerio autumnalis-Quer-cetum petraeae Poldini 82) e specificatamente nella sua subassociazione ostryetosum, varietà a Peonia (Paeonia of-ficinalis), ove rappresenta un efficace indicatore montano di freschezza.
L’Elabro nero, come del resto tutti i Veratri, è una delle piante velenose fra le più maligne ed infide, soprattutto se posta in mani inesperte. Ne viene utilizzato il rizoma. La droga è impiegata, solo raramente, per uso esterno in unguenti antidolorifici contro la nevralgia del trigemino. In omeopatia viene usata nei casi di diarrea, di debolezza cardiaca e circolatoria e per combattere la distonia vegetativa. In veterinaria trova impiego quale antiparassitario.
DISTRIBUZIONE PASSATA ED ATTUALE SUL CARSO TRIESTINO
Nel territorio italiano la specie è frequente sull’Appennino Umbro-Marchigiano, nel Lazio, in Abruzzo (Vallone delle Cornacchie) e nella Campania sino al Cilento. È pure presente, ma più rara, sull’Appennino Settentrionale e nella fascia comprendente le Alpi Orientali e quelle Centrali sino ai Laghi di Corno e di Lugano. Sulle Alpi Marittime è protetta.
Nel Friuli-Venezia Giulia l’Elabro nero è relativamente ben diffuso soprattutto nella regione montana inferiore (Valli del Natisone), mentre risulta più raro in quella prealpina ed alpina (monti Amariana, Verzegnis, Chiampon e Plauris). Manca nella fascia planiziale e costiera, ma ricompare sull’altipiano carsico triestino e sloveno, spingendosi sino alle Caravan-che.
Nel Goriziano la specie è pure discretamente presente: già lo Zirnich l’aveva individuata e raccolta il 7 agosto 1938 nella zona del Sabotino, verso la stazione ferroviaria di San Mauro; lo stesso dili gente botanico l’aveva notata e pure erborizzata, esattamente dieci anni prima, sul Monte Nanos (9 agosto 1928), in prossimità di Prawald (Razdrto).
Sul Carso triestino frequenti, soprattutto in passato, appaiono le segnalazioni della pianta. Già il Marchesetti, alla fine del secolo scorso, la citava per i luoghi boschivi montani dei monti Cocusso e Volnig (Lanaro) e, in territorio ora sloveno, a Lipizza, ad Orleg, a Mercé, a Breso-vizza e sul monte Slaunig (Taiano), ove fioriva da luglio ad agosto. Anche il Po-spichal, negli stessi anni, ne confermava la presenza sul monte Kokus (Cocusso) e, oltre il confine di Stato, a Mercé, a Lipica, a Bresovizza, a Stjak, sullo Slaunig, sullo Zabnik, sul Rasusica, sulla dorsale del Kaucice, in Val d’Orso e a Velike-Loce, ov’era a luglio in piena antesi. Nel Goriziano l’aveva rinvenuta sul Sabotino e sul monte Cavin.
Attualmente l’Elabro nero risulta sporadicamente presente nel complesso del Monte Lanaro, soprattutto lungo la fresca vallecola situata immediatamente ad ovest del Piccolo Lanaro (Sentiero Segnavie N. 4). Qui esso cresce a stretto contatto con alcune significative specie, quali ad esempio il Giglio martagone (Lilium martagon), il Dente di cane (Erythronium Dens-canis), la Barba di capra (Aruncus dioicus), la Sanicola (Sanicula europaea) ed il Mughetto (Convallaria majalis).
Altre rare segnalazioni della specie sono quelle relative a Banne (nei pressi della Grotta Arnaldo Germoni, 4429 VG), al margine meridionale – ancora per pochi metri entro il confine di Stato – della Conca di Orlek, al Monte Franco (dolina con caverne artificiali), al Monte dei Pini, non molto distante dall’imboccatura dell’omonima Grotta (2945 VG) e ad un’ampia dolina situata a sud-ovest di Basoviz-za, già pregevole per la presenza di Valeriana tuberosa, di Ranunculus illyricus e di Delphinium fissum.
Come si nota, la presenza di Veratrum nigrum sull’altipiano carsico triestino è alquanto infrequente ed infatti Livio Poldi ni include la pianta nel gruppo delle 82 specie rare nel territorio.
Veratrum nigrum appare invece maggiormente diffuso nelle località slovene più vicine, come ad esempio nei pressi di Lipizza (Lipica), nei dintorni di Divaccia (Divaca, dolina “Risnjk”) e nelle orride ma pittoresche voragini di San Canziano (Grom, 1959).
VERATRUM NIGRUM NEL POZZO PERINOGA (54 VG) E NELLA FOVEA PERSEFONE (185 VG)
Veratrum nigrum, oltre ad essere stato segnalato nei precedenti siti carsici non legati a cavità, è stato individuato nei primi metri di profondità della zona “liminare” di due imponenti pozzi dell’altipiano carsico triestino: il Pozzo di Gropada o, con nome indigeno, “Perinòga” (45/54 VG) e l’Abisso presso Opicina Campagna, noto sin dai tempi passati come “Fovea Per-sèfone” (119/185 VG).
Il Pozzo Perinòga è una profonda voragine la cui imboccatura (7,5 m x 5 m) si apre alla quota di 392 m, in corrispondenza della linea del confine di Stato con la Slovenia, fra i due cippi N. 77/47 e N. 77/48, 550 m a nord-ovest dalla cima del Monte dei Pini (476 m).
Le coordinate geografiche della voragine, riferite alla Tav. 1:25000 “Monte dei Pini”, F° 40A II S.E., Ed. 5 – 1969, sono: long. 1°23′ 43″; lat. 45°40’37” N. La sua profondità massima è di 80,10 m, con il pozzo d’accesso di 67 m e con quelli interni di 4,50/2,40 e 25 m. La lunghezza complessiva è di 88,70 m.
Fu rilevata da Eugenio Boegan il 24.12.1893 e considerata dallo stesso a più riprese (1907, 1920, 1926, 1930). Rilievi più recenti sono quelli di Bruno Bal-dassi (G.G.C.D., 14.3.1968) e di Umberto Mikolic (G.S.S.G., maggio 1977).
La discesa nella cavità, che avviene normalmente dal lato meridionale, porta all’apice di una china detritica che, a sua volta, immette in una vasta caverna sovrastata da due ampi camini e separata da un evidente ponte naturale. Durante la ricognizione effettuata nel 1977 venne scoperta, sul fondo del pozzo iniziale, una nuova cavernetta e, a 23 m dal fondo, una finestra che comunicava con un pozzo profondo 25 m.
L’ambiente vegetazionale circostante la Perinòga è costituito in prevalenza da una tipica boscaglia illirica non molto compatta e da gruppi isolati di Pini neri (Pinus ni-gra) cui si alternano zone aperte, relativamente ampie, a landa in via di rapido incespugliamento con abbondanti Genista sylvestris, Iris illyrica e Scorzonera austriaca nella stagione primaverile e con frequenti Ferulago galbanifera, Inula spi-raeifolia ed Euphorbia nìcaeensis in quella tardo-estiva. Occasionalmente vi cresce anche Lilium bulbiferum. La cavità presenta pareti piuttosto regolari, ricoperte nei primi 5-6 m da una rigogliosa vegetazione costituita da varie specie di dolina (Primula vulgaris, Helle-borus odorus, Dentaria enneaphyllos, Hepatica nobilis, Lathyrus vernus, Lamium orvala, Mercurialis ovata, Carex digitata, Peucedanum schottii, Vincetoxicum hirun-dinaria ed abbondantissimo Convallaria majalis), da varie Felci (Asplenium tricho-manes, tre stazioni di A. Ruta-muraria, Polypodium vulgare, P. interjectum, Phyllitis scolopendrium) e da svariati Muschi (Homalothecium sericeum, Neckera cri-spa, Anomodon viticulosus, Fissidens eri-status, Thamnium alopecurum).
Particolarmente rigogliosa vi figura la Lingua di Cervo (Phyllitis scolopendrium), con fronde lunghe dai 60 agli 80 cm e di un colore verde-brillante, sviluppantesi dai 4-5 m ai 12-13 m di profondità. Non mancano altre tipiche entità di siti ombrosi, freschi ed umidi, fra cui si fa notare l’Edera (Hedera helix), specie di notevole energia edificatrice. Sull’orlo settentrionale e nei suoi primi metri, esposto a meridione, relativamente abbondante vi figura il termofilo Pungitopo (Ruscus aculeatus), copioso pure sul ripiano leggermente inclinato ad ovest.
Poco al di sotto del margine sud è stata individuata, già nel giugno 1986, un’inaspettata stazione di Giglio Carnioli-co (Lilium carniolicum). Da allora essa continua a rinnovarsi e, con la puntuale e vivace fioritura rosso-aranciata, conferisce una nota lieta all’inquietante atmosfera che il sito evoca. Sui margini sono inoltre presenti, nello stato arboreo-arbustivo, alcuni esemplari di Carpino nero (Ostrya carpi-nifolia), di Roverella (Quercus pubescens), di Orniello (Fraxinus ornus), di Acero trilo-bo (Acer monspessulanum) e di Corniolo (Comus mas). Spiccano inoltre quattro esemplari di Tiglio (Tilia cordata), due dei quali di ragguardevoli dimensioni e, a sud-est, un discreto esemplare di Ciliegio (Pru-nus avium).
Veratrum nigrum L. si sviluppa sul margine orientale del pozzo – ove è stato notato per la prima volta il 5 giugno 1986 – fra i 2 ed i 3 m di profondità. La stazione, situata sugli spalti di un’evidente canale roccioso poco sotto strapiombante, occupa una posizione fresca, sottoposta alla diretta influenza delle masse d’aria che fluiscono dal versante, solo in parte ostacolato dalla vegetazione. Essa è composta da 3 entità, riconoscibili anche durante la stagione invernale dalla presenza delle caratteristiche ampie foglie ellittiche basali. L’altezza degli esemplari, alla pie na e splendida antesi – che avviene alla fine luglio e che si protrae sino alla prima decade di agosto – supera agevolmente il metro. La specie, che si sviluppa sovrastando alcune entità dolinari, è a stretto contatto con il Giglio Carniolico (Lilìum carnìolicum) e con diverse fronde di Felce sottile {Polypodium interjectum).
Si segnala infine come il Pozzo sia sede dell’Allocco (Strix aluco aluco): la nicchia preferita dal rapace è situata sulla parete settentrionale.
L’altra cavità che evidenzia la presenza di Veratrum nigrum è l’Abisso presso Opicina Campagna (119/185 VG) o Fovea Persèfone, con suggestiva denominazione attribuitale dal Comitato Grotte del C.T.T. (Club Touristi Triestini) nell’aprile 1898, allorché ne fu effettuata la prima esplorazione e rilevazione sotto la coordinazione di G. Trevisan. Data la particola re complessità della voragine, esistono vari altri suoi rilievi; sono conservati nel Catasto quelli di Oscar de Grassi (XXX Ottobre, 22 febbraio 1925), di G. Pinzani e L. de Martini (S.A.G., 16.8. 1950), di Mario Galli (S.A.G., 1964) e di Umberto Mikolic (S.A.G., 5.10.1984). Si sono pure occupati della voragine, oltre all’abituale Eugenio Boegan (1907, 1926, 1930), alcuni studiosi e ricercatori quali Lucio Pi-pan (1955) e Walter Maucci (1959). Un pregevole schizzo a vista della cavità (scala 1:250) di Marino Vianello, che il 24 settembre 1961 scese in essa, è pure conservato nel relativo fascicolo depositato nel Catasto. Sono stati effettuati e pubblicati nel 1953, a cura del G.T.S., alcuni rilevamenti meteorologici relativi alla fovea.
La voragine si trova in località Klebic-nik – ed infatti “Schacht Klebicnik” e “Jama Klobucniku” sono altre due sue curiose denominazioni – occupando una dolina di 24 m di diametro i cui versanti, a bancate calcaree nummulitiche, digradano rapidamente verso l’imbocco largo poco più di 10 m, aprentesi alla q. di 307 m. Gli strati calcarei a rudiste, in prossimità della dolina, denotano un’inclinazione di 8° in direzione NNO-SSO.
Mentre nella stagione estiva il pozzo è mascherato dalla folta vegetazione circostante, durante quella invernale mette in evidenza tutta la sua orrida bellezza. Dista esattamente 150 m a sud-sud-est dalla Foiba di Monrupino (Prazna Jama, 149 VG).
Le coordinate geografiche della cavità, riferite alla Tav. 1:25000 “Poggioreale del Carso”, F° 40A II S.O., Ed. 4-1962, sono: long. 1°21’04”; lat. 45°41’48,50″ N. È lunga complessivamente 228 m e profonda 150 m con il pozzo d’accesso di 110 m e con una cospicua serie di pozzi interni di profondità variabile.
A -17 m un diaframma roccioso separa il pozzo in due vani; se la discesa nel vano situato a settentrione è agevolata da ripiani sino a 24 m di profondità, quella effettuata nell’altro vano vede la scala sfiorare appena in qualche punto la pare te, rimanendo quasi sempre nel vuoto. A 110 m di profondità esiste un altro ripiano dal quale si dipartono due rami. Quello tendente a nord, ricco di massicce concrezioni, di eleganti cortine e di altre pittoresche formazioni cristalline, porta ad un pozzo di 25 m ed a una serie di gallerie, di pozzi ciechi, di camini e di cunicoli; l’altro, con direzione sud, dopo un pozzo di 9 m, immette in una caverna lunga circa 10 m dal fondo detri-tico e che, in forte discesa, si restringe sino a diventare un tortuoso cunicolo lungo una ventina di metri, ostruito alla fine da argilla. Nella zona “liminare”, la vegetazione è costituita in gran parte dalle usuali specie arboree-arbu-stive della boscaglia illirica, quali Quercus pubescens, Ostrya car-pinifolia e Fraxinus ornus arricchite dal Tiglio (Tilia cordata) e dal Nocciolo (Corylus avellana). Nei primi metri di profondità e sugli speroni rocciosi si evidenziano, in particolar modo, Hedera helix, Helleborus odorus, Lamium orva-la, Cyclamen purpurascens e Ru-scus aculeatus (rigoglioso soprattutto a nord-est), sovrastati da alcuni vigorosi esemplari di Sam-bucus nigra (giunge sino a -12 m ed ha, quale epifita, Polypodium vulgare) e da qualche raro esemplare di Euonymus verrucosa. Relativamente diffuso in questa fascia, ma ancor di più nella sottostante fascia “subliminare”, risulta il Polipodio sottile (Polypodium interjectum), soprattutto sulle pareti e sui ripiani a sud-est. Rigogliosa è pure in questa fascia (ad 8-10 m di profondità) la Lingua di Cervo (Phyllitis scolo-pendrium), presente un po’ ovun-que, a partire già dai 4-6 m di profondità e sino ai 12-15 m; particolarmente abbondante essa figura nel ripiano orientale con nicchia situato a -12 m, accompagnata da Lamium orvala e da Lamia-strum montanum. Diversi sono i Muschi (generi Fissidens, Thamnium) che si sviluppano nella fascia “suboscura”, sino a 25 m di profondità.
Nelle ampie fessure nidificano spesso i Colombi selvatici (Columba livia livia).
La stazione di Veratrum nigrum – individuata la prima volta il 7 novembre 1986 – si trova su uno sperone roccioso sotto il margine sud-ovest, a picco nel vuoto, a circa 4 m di profondità. È composta da 3-4 esemplari, agevolmente riconoscibili pure nella stagione invernale dalle foglie ellittiche basali persistenti. Alti più di un metro ed in splendida fioritura alla fine di agosto, spiccano elegantemente incombendo nel vuoto e godono, nell’arco della giornata, sia di una buona luminosità che di un adeguato grado di umidità. Sono ormai 13 anni che la stazione, mantenendosi vivace e briosa nella sua continuità, infonde all’orrido vacuo una nota significativa e confortante. Ancora una volta la presenza della specie è in stretta dipendenza con i particolari fattori topoclimatici e microclimatici del sito.
CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE
Con la scoperta di Veratrum nigrum nelle due cavità sopra considerate, si va maggiormente a delineare ed a puntualiz-zare l’affascinante quadro speleovegeta-zionale dell’altipiano carsico triestino. Alle varie passate segnalazione di Felci presenti nelle cavità – spesso banali o comuni, ma a volte alquanto rare se non del tutto inedite – se ne aggiungono dunque quelle di alcune Spermatofite, quali Moe-hringia trinervia, (Progressione N. 38), Li-lium martagon, Lilium carniolicum e Veratrum nigrum, quest’ultima trattata nel presente contributo.
Considerando da un lato l’attuale variazione climatica – che comunque riveste un rilevante ruolo nella scomparsa o nell’insediamento delle specie – e dall’altro la progressiva e minuziosa esplorazione floristico-speleovegetazionale delle cavità carsiche, sarà probabilmente possibile scoprire in queste ultime – o in altre per vari motivi non ancora indagate – qualche altra particolare entità. Si sarà così compiuto un ulteriore proficuo passo nella conoscenza dell’ambiente vegetazionale-carsico ipogeo, così straordinario ed ancora prodigo di specifiche sorprese.
Elio Polli