Logistica e progressione

 

LA LOGISTICA

Iniziata con una prespedizione di quattro persone nel luglio ’92 l’organizzazione logistica di “Tepuy 93 si è rivelata sufficientemente ben strutturata durante tutta la spedizione. Già allora si sono cominciate a gettare le basi di cooperazione con gli speleologi venezuelani e cercare sia a Caracas sia a Ciudad Bolivar parte dei materiali necessari in modo da alleggerire il gruppo che sarebbe partito poi dall’ltalia.
Buona parte dell’alimentazione normale durante la spedizione è stata risolta con l’uso di cibi liofilizzati della ditta Prora di Catania, che si sono rivelati anche di ottimo gusto. Tutta la rimanente parte di viveri è stata invece acquistata in Venezuela cercando di integrare i liofilizzati e di dare quindi un apporto sia calorico che proteico idoneo riferito a persone che dovevano sostenere sforzi intensi e prolungati in un ambiente estremamente umido e piuttosto freddo a quasi duemila metri di altitudine. Per questo motivo quattro componenti della spedizione sono partiti una settimana prima e con l’aiuto di alcuni amici venezuelani non si sono risparmiati nel percorrere vie e negozi di Caracas.
Fornelli a kerosene e a benzina hanno risolto egregiamente il problema della cottura dei cibi e il pentolame, i piatti e la posateria in alluminio sono stati recuperati facilmente nei vari ferramenta della capitale. Deciso che per motivi economici i seicento chilometri che separano Caracas da Ciudad Bolivar si sarebbero dovuti percorrere in pulman e non in aereo sono state contattate varie ditte di trasporto. Alla fine. contrattato il prezzo e deciso il giorno e l’ora di partenza, non ci è rimasto che insaccare il vario materiale sparso per le stanze d’albergo.
Duemiladuecento chili di materiale non sono pochi e I’autista del pullman, da buon latino-americano, è partito dopo averci aumentato la tariffa. Quasi tutti gli spostamenti nella capitale, gli alberghi e i trasporti da e per l’aeroporto sono stati forniti invece dalla ST. Tours, agenzia di servizi turistici.
La compagnia aerea venezuelana, Avensa, ha collaborato con uno sconto sul prezzo dei biglietti da Ciudad Bolivar a Canaima (sullo spostamento internazionale è stata invece fondamentale la collaborazione dell’Alitalia, sia per i biglietti che per I’extracarico, grazie alla splendida disponibilità di Alessia Mazarakis). Nulla da fare invece per il trasporto del materiale a Canaima: siamo cosi stati costretti a noleggiare un DC3 Dakota, velivolo seminuovo del 1943. Canaima, ex villaggio indio ora divenuto centro turistico e base di partenza per chi vuole sorvolare i tepuy, rappresenta un luogo bellissimo, caldissimo ed estremamente caro, grazie alla politica selettiva ed esclusiva fatta dalla stessa Avensa (solo per fare due esempi, Avensa è I’unica compagnia a volare su Canaima, nel senso che è l’unica ad essere autorizzata a farlo, ed è impossibile acquistare solo il biglietto aereo, dovendo invece prendere l’intero pacchetto volo più albergo).
Siamo riusciti ad affittare un magazzino dagli indios e qui è iniziata la sistemazione dei materiali per i tre campi previsti. Contemporaneamente, ha iniziato i sorvoli sull’Auyantepuy, per individuare i luoghi dove posizionarli. Il problema più serio è stato riuscire a sistemare i tre gruppi in posizioni sufficientemente vicine alle cavità da esplorare, vicine all’acqua e in luoghi non soggetti ad allagamenti in caso di pioggia.
Per la maggior parte, i materiali sono stati stivati in bidoni di plastica di tipo industriale da circa 100 litri, e questo ha permesso di lasciare parecchio equipaggiamento all’esterno nonostante la pioggia. Sono stati necessari circa quattro viaggi per campo per riuscire a trasportare uomini e materiali. Una delle difficoltà incontrate si è rivelata quella delle comunicazioni. La mancanza di un ponte radio, escluso per motivi di peso, ci ha lasciati completamente isolati da Canaima (nonostante l’installazione di una base radio presso Edelca), mentre tra i vari campi, grazie anche all’uso di antenne amplificate e di antenne ground-plain, è stato possibile parlare tranquillamente tenendoci informati a vicenda sugli sviluppi delle esplorazioni.
Per quanto riguarda il sistema radio, sono state utilizzate tre portatili “Standard- Novel” C1 121E con nove frequenze prestabilite in memoria, e una base fissa con due frequenze possibili, corrispondenti alle memorie M1 e M2 delle portatili. Dei grandi teloni di plastica portati dalI’ltalia si sono rivelati utilissimi per organizzare le tende cucina e il luogo dove poter restituire i dati di rilievo che man mano venivano raccolti in grotta e nelle topografie esterne. Per quanto riguarda particolari inconvenienti, solo il campo Aonda ha ricevuto la visita di un piccolo animale, di identità rimasta sconosciuta, che stanco della dieta imposta dai tepuy, ha tentato di appropriarsi di un pezzo di pancetta affumicata.
L’illuminazione della tenda cucina è stata realizzata con lampade a fluorescenza alimentate da accumulatori al piombo da 12 V 6,5 Ah. Alla partenza ci si è quindi posti il problema della ricarica (da ricordare che gli accumulatori da 12 V messi in serie di due alimentano anche i trapani). Le soluzioni adottate sono state due: pannelli fotovoltaici e generatori a scoppio. I pannelli, forniti dalla Helios Technology, si sono rivelati ottimi con qualsiasi tempo, anche se hanno creato qualche inevitabile problema durante il trasporto. Pesanti ognuno sette chilogrammi, e con dimensioni di 120×48 centimetri, sono rivestiti con vetro temperato antigrandine che ne assicura la perfetta impermeabilità ma ne aumenta notevolmente il peso e li rende delicati durante le varie fasi di trasporto, soprattutto in elicottero.
I pannelli H-60, con potenza di picco di 60 Watts, sono capaci di lavorare con temperature tra i -45″ C e +90″ C e con umidità relativa del 100%. Due pannelli collegati in parallelo tramite una scatola di giunzione alimentavano un regolatore di carica al quale venivano collegate le batterie. Una giornata di medio sole era più che sufficiente per ricaricare sei accumulatori.
Per le batterie al NiCd e stato sufficiente collegare al regolatore di carica un inverter. Si tratta di un apparecchio che trasforma la corrente continua a 12 V in corrente alternata a 220 V, e quindi con i normali caricabatterie in dotazione sono state ricaricate le batterie delle telecamere.
Due campi comunque avevano anche un piccolo generatore che si è rivelato molto utile in caso di più giorni consecutivi di brutto tempo. Sono stati provati due tipi diversi di gruppo elettrogeno. un Yamaha da 600 W con uscita 220 e 12 V e un Honda da 350 W. Entrambi non hanno avuto problemi e hanno svolto egregiamente il loro lavoro. Gli accumulatori al piombo da 12V 6,5Ah, quelli che normalmente vengono usati per alimentare i trapani, sono stati usati in questa spedizione quasi esclusivamente per l’illuminazione serale delle tende cucina, perchè dopo le prime prove sulla quarzite con gli elettropneumatici ci si e resi conto che l’autonomia era di uno o due fori, ammesso che la punta non fondesse prima.
A questo proposito si rinvia alla sezione sulla tecnica d’armo, in cui si discute l’uso dei trapani a motore Ryobi. Ogni campo era naturalmente autonomo per piccoli interventi e riparazioni con una cassetta di attrezzi che si e rivelata utilissima in moltissime occasioni. Come si può notare, “Tepuy 93 è stata una spedizione indubbiamente pesante, cosa che ha permesso una permanenza di quasi tre settimane (la più lunga mai realizzata) e conseguentemente i risultati esplorativi e scientifici descritti in questo lavoro. Più in dettaglio, la voce “logistica” comprendeva tre settori: viveri, attrezzatura cucina e ferramenta.
                                                                      Giuseppe Casagrande
                                                                       Paris Scipioni
                                                                        Tono De Vivo

LA PROGRESSIONE – RELAZIONE TECNICA

Gli argomenti che seguono sono ovviamente legati. La suddivisione ha l’unico scopo di meglio valutare singole tematiche trattate.

1) Progressione

  • in linea generale possiamo dire che la tecnica di progressione pura non si discosta molto da quella utilizzata nelle grotte in calcare. Da notare però la perenne presenza, in ogni esplorazione, di grandi verticali da superare per accedere alle cavità sottostanti. Tali verticali all’aperto, oltre a porre problemi d’armo che vedremo in seguito, pongono sempre qualche piccolo ostacolo psicologico, dato che i dislivelli non sono quasi mai inferiori ai 200 metri.
  •  Sulla progressione in meandro possiamo solo accennare all’importanza di un movimento regolare e controllato, unicamente per l’altissima capacità abrasiva della quarzite, che ha facile gioco delle nostre pur resistenti tute da speleologia. Frequenti le frane, anche instabili, normalmente tutte sotto il livello di cambio litologico, vale a dire tra i 250 e i 300 metri di profondità, a seconda della quota d’ingresso.
  •  Mentre per le frane sospese si e potuto ovviare abbastanza bene con una accurata pulizia dei bordi dei pozzi, non così e stato per quelle che occupano tratti orizzontali o suborizzontali, come quella che divide il fondo della Sima del Dedo de Dios dalla parte più profonda del Rio Pintado; alcuni passaggi hanno infatti richiesto armi fissi o volanti anche per pochi metri. La notevole presenza d’acqua ha sempre richiesto una evoluta tecnica di progressione in meandro e una notevole velocità nei passaggi sotto cascata o fortissimo stillicidio.
  • La temperatura sufficientemente elevata ha attenuato le conseguenze di lunghe permanenze completamente bagnati. Nel caso delle piene, la velocissima risalita dei pozzi, seppur in condizioni proibitive, ha permesso di evitare gravi conseguenze. Nel caso particolare della piena al collettore sul fondo della sima Aonda, dove due nostri compagni sono rimasti bloccati per più di un giorno, solo l’eccellente tecnica alpinistica di traversata ha permesso I’uscita di persone e materiali (tra cui l’intera attrezzatura cinematografica!), trasportati all’esterno con teleferiche ancorate su nat umani.
  •  Da citare la presenza di animali potenzialmente pericolosi anche in grotta (migali, scolopendre), chiaramente sempre ubicati nei passaggi più difficili o più stretti, dove la libertà di movimento si rivelerebbe fortemente positiva. Grande attenzione quindi a dove si mettono le mani, possibilmente guantate.
Materiali
1) materiale elettrico e per ricarica
  n° 6 pannelli fotovoltaici Helios Technology H60
  n° 3 scatole di giunzione Helios Technology
  n° 3 regolatori di carica Helios Technology NG 10
  n° 2 inverter Helios Technology
  n° 6 lampade a fluorescenza Helios Technology LH 18 (18 W)
  n° 20 batterie 12V 6,5 Ah
  n° 1 gruppo elettrogeno Yamaha 600 W
  n° 1 gruppo elettrogeno Honda 350 W
2) viveri (vedi logistica)
3) attrezzatura per cucina (vedi logistica)
4) ferramenta (vedi logistica)
5) tende
  n° 4 Salewa Sierra Leone
  n° 5 Salewa Sierra Magnum
6) attrezzatura geologica
7) materiale da rilievo (inclusi satellitari)
8) materiale medico (vedi elenco Ugo e Sandro)
9) materiale fotografico
10) materiale video e cinematografico
11) materiale tecnico ed esplorativo
  2000 metri corda statica Edelrid
  10 mm.
  200 metri fettuccia tubolare Edelrid
  25 mm.
  300 metri cordino Edelrid 3 mm.
  n° 3 trapani a motore Ryobi ER 160
  n° 3 trapani a batteria Bosch
  n° 80 punte SDS plus 8 mm.
  n° 300 Spit Fix misti 8-25 e 8-50
  n° 150 Spit Roc MF8
  n° 3 serie nuts
  n° 2 serie friends
  n° 6 sacche d’armo complete
12) varie
  bidoni stagni
taniche

2) Tecnica d’armo

  • Possiamo senz’altro dire che tutti i problemi inerenti alla tecnica d’armo sono legati alle caratteristiche della roccia quarzitica più che alla morfologia ipogea, senza chiaramente dimenticare l’importanza delI’acqua, che sui tepuy deve essere considerata anche quando non c’è, immaginando che potrebbe esserci. Il materiale d’armo portato con noi sui tepuy consisteva di tre trapani a batteria Bosch, sacche d’armo per Spit Roc, tre trapani a motore a scoppio Ryobi ER-160. Le punte da trapano erano tutte con attacco SDS, dato che anche i trapani Ryobi montano le stesse dei Bosch.
  • L’aver portato i trapani a motore Ryobi ha senz’altro risolto il grosso ostacolo della durezza della quarzite. La spedizione °Venezuela 92°, che ci aveva anticipato sull’Auyantepuy, ci aveva infatti parlato di grandi difficoltà incontrate nell’inserimento dei tasselli. Sprovvisti di trapani, erano infatti costretti ad utilizzare fino a quattro Spit Roc per poterne inserire uno, dato che gli altri si consumavano dopo circa un terzo del foro.
  • Si può avere un’idea, quindi, anche dei tempi richiesti da tale operazione (circa 45′). Ricchi di tali informazioni, abbiamo immaginato che anche i trapani a batteria avrebbero incontrato serie difficoltà. e che le punte, comunque si sarebbero consumate come il burro.
  • Il corredo era quindi completato da un centinaio di punte SDS da 8 mm per Spit Fix 8×70.
  • I trapani a motore ER-l60 sono macchine piuttosto compatte (anche se naturalmente un po’ più lunghe dei normali trapani a batteria, 490 mm), e sufficientemente silenziose, anche in ambienti chiusi come le grotte. Montano un robusto motore a due tempi da 16 cc. che eroga 0,5 HP di potenza a 7.000 giri/min.
  • Il carburatore a membrana offre all’utensile un’ampia versatilità d’impiego, permettendogli di operare in qualsiasi posizione, mentre la frizione a disinnesto automatico protegge I’utilizzatore dai contraccolpi causati da un eventuale arresto dell’utensile e protegge il motore contro i sovraccarichi di lavoro. La capacità di foratura è di 16 mm. con punte attacco SDS plus.
  • La velocità è variabile con acceleratore da 0 a 1.500 giri/min. e, con dispositivo di percussione inserito, 3.800 colpi al minuto. Il peso a vuoto è di 5,3 chilogrammi (quindi addirittura inferiore a un Bosch che utilizza le batterie da 6,5 Ah in cintura, anche se c’è da dire che un Ryobi è ben difficile da utilizzare con una sola mano a braccio esteso) e con un serbatoio di miscela (0,35 litri, miscela al 4%) si copre tranquillamente una punta di parecchie ore.
  •  Nessun problema neanche con I’acqua, dato che abbiamo lavorato sotto forti stillicidi o addirittura sotto cascata. Data la necessità di forare parecchio per evitare in modo assoluto lo sfregamento della corda contro le pareti, estremamente abrasive, delle cavità (abbiamo tranciato più di una corda dopo solo pochi passaggi in sfregamento) i Ryobi sono stati utilizzati anche in grotta. Uniche precauzioni. attenzione alla marmitta bollente dopo l’uso e, nei limiti del possibile, uso in luoghi con sufficiente corrente d’aria, per evitare di intossicarsi con i gas di scarico.
  • Le punte, comunque. si consumano ugualmente: la differenza sta nel fatto che con i trapani a batteria la punta si consuma e non fora, mentre con quelli a motore ogni punta arriva a fare anche 5-6 fori. In questo caso quel che rende una punta inutilizzabile è anche l’abrasione laterale, che riduce il  diametro della stessa e quindi del foro prodotto. Dato che le punte sono le stesse in  tutti e due i casi, la spiegazione per una  tale differenza di prestazioni può dipendere  solo dal rapporto tra percussione e numero  di giri e dalla massa battente.
  • Per quanto riguarda i tasselli, abbiamo  portato con noi solo Spit Fix corti, data la  prevista difficoltà di foratura. Al di sotto del  già citato cambio litologico tra i 250 e i 300  metri di profondità, però, vale a dire dove la  dissoluzione del cemento siliceo ha reso la  roccia estremamente friabile, molto più simile all’arenaria che alla quarzite, la lunghezza dei Spit Fix si è dimostrata insufficiente.
  •  Indubbiamente, in questo tipo di  roccia è proprio il tipo di tassello ad essere  inadatto. Molto più affidabili (ma bisognerebbe fare dei tentativi) sembrerebbero gli  Spit Bolt o altri a grande espansione, anche se il carico di rottura è decisamente più  basso. La particolare morfologia delle zone più  profonde, caratterizzate da presenza di colonne e clessidre anche molto grandi, ha in  parte ovviato al citato problema dei tasselli,  permettendo un uso interessante e creativo  degli attacchi naturali.
La rocca abrasiva e la particolare morfologia

3) Pericoli

  • Dividiamo l’argomento tra pericoli in grotta e pericoli all’esterno.  Per quanto riguarda il primo punto, il  pericolo maggiore è sicuramente rappresentato dalle piene. Le situazioni critiche sono state tre, causate da due piene improvvise che hanno raggiunto livelli imprevisti e, per  nostra fortuna, non massimi nel momento in cui le abbiamo vissute. Le fortissime precipitazioni e le caratteristiche ambientali e  morfologiche esterne dei tepuy possono  rendere un inghiottitoio, una cavità, o una sima assolutamente intransitabili in poche ore, Bisognerà tenere ben presente questo nelle spedizioni future.
  • Alcuni materiali esplorativi sono stati abbandonati per l’assoluta impossibilità di recupero causata  dal livello impetuoso dell’acqua nelle cavità. Nel Rio Pintado, un intero pozzo di 100  metri non è stato disarmato, dato che il livello dell’acqua non si e più abbassato fino  al termine della spedizione. Sempre nel Rio  Pintado, una veloce punta per il recupero  di alcuni materiali nelle zone profonde ha  permesso di notare il livello raggiunto dall’acqua nelle gallerie tranquillamente percorse pochi giorni prima, circa otto metri  sopra il livello conosciuto.
  • Altro pericolo, le  già citate frane, che spesso occludono passaggi obbligati. La precauzione nell’attraversamento di questi percorsi accidentati, soprattutto dove i passaggi sono molto stretti, deve riguardare anche l’eventuale presenza di animali, quali migali. scolopendre  o scorpioni, notoriamente velenosi e dolorosi anche se quasi sicuramente non fatali.  Poi, chiaramente, la già citata capacità  abrasiva della roccia, che può tranciare una  corda in tempi assolutamente ridicoli.
  • Ritornando per un attimo al problema degli animali, abbiamo incontrato piccoli serpenti in  più di una occasione. sia sulle pareti delle  sime (incontro eccitante a pochi centimetri  dalla corda su cui si sta risalendo) sia sul  fondo delle stesse. È un pericolo di grotta  solo perchè in quel momento si sta scendendo sottoterra, dato che da un punto di  vista ambientale ci si trova a tutti gli effetti all’esterno.
  • Per quanto riguarda l’esterno, appunto, c’è da citare il tipo di terreno (grandi e piccole fratture), a volte coperte o nascoste da intricata vegetazione. Problema da non sottovalutare. poi, è la presenza di nubi fittissime che spesso avvolgono i tepuy, creando seri problemi di orientamento, risolvibili con segnavia, punti di riferimento, sentieri già tracciati; c’è da dire che normalmente i percorsi fatti sono sempre gli stessi, cioè dal campo base alla grotta e viceversa, ma nel caso di battute di una certa durata non è raro trovarsi in difficoltà anche a poche centinaia di metri dal campo.

 4) Spostamenti

  •  I grandi spostamenti, cioè quelli tra Canaima e I’Auyantepuy e quelli tra i tre campi, sono stati realizzati in elicottero. Le zone operative, vale a dire le sommità dei tepuy, sono assolutamente irraggiungibili a piedi, se non con vere e proprie spedizioni alpinistiche, ma comunque senza il carico che noi ci siamo tirati appresso. Il lato delI’Auyantepuy verso Kamarata è più dolce di quello verso Canaima, e fu quella infatti la strada seguita da Jimmy Angel e compagni per scendere a piedi dalla montagna dopo il loro atterraggio di fortuna nel 1937. È invece impensabile la salita e I’attraversamento della fascia terminale dell’altopiano da N, cioè dal lato della nostra zona operativa. Le distanze tra i nostri tre campi non erano mostruose, diciamo pochi chilometri, ma l’unico tentativo effettuato tra il campo 1 e il campo Aonda ha dimostrato che anche solo I’attraversamento di una esile fascia di questo territorio potrebbe rappresentare una vera e propria spedizione. In totale abbiamo usufruito di 45 ore d’elicottero, utilizzate per il trasporto di uomini e materiali, per il ritorno degli stessi a Canaima, per alcuni collegamenti e scambi tra i campi e per la realizzazione del documentario.
  • Il pilota, Raul, ha dimostrato una grande serenità e bravura, classiche e indispensabili qualità dei piloti d’elicottero in aree montagnose così complesse e pericolose. Gli incidenti aerei in questa zona sono infatti numerosi (a causa sia delle condizioni atmosferiche, sia della morfologia del territorio. sia ancora della scarsa manutenzione effettuata sui piccoli aerei utilizzati in grande quantità). Lo stesso Raul aveva già avuto ben cinque incidenti, sia durante voli normali sia durante operazioni di soccorso. Per quanto riguarda gli spostamenti all’interno della zona di ciascun campo, va detto che il terreno è quasi totalmente acquitrinoso.
  • Pochi passaggi creano un solco duraturo nella vegetazione, e dopo una pioggia risulta veramente difficoltoso avanzare, dato che ad ogni passo si sprofonda fino al ginocchio, ed è necessario evitare di ampliare il solco del sentiero nel tentativo di trovare zone un po’ più asciutte. Dove I’acquitrino lascia il posto a terreni un po’ più solidi, ci si scontra con una boschina intricatissima e difficilmente superabile Le poche aree rocciose nude si trovano in prossimità delle fratture, dei canyon e delle sima.
  • La presenza di tali soluzioni di continuità obbligano a lunghissimi percorsi anche per attraversare brevi spazi in linea d’aria. L’insieme di tutte queste caratteristiche rende difficile e faticosissimo qualsiasi spostamento, per cui anche le battute esterne devono essere precedute da un’indicazione ricavata da una prospezione aerea. Nonostante questo, una grossa sima a circa 2 chilometri dal campo 2 non è stata raggiunta per insormontabili difficoltà di attraversamento.

 5) Abbigliamento

  •  Oltre a delle normali giacche in goretex di varie marche e a dei ponchos della Salewa per proteggerci dalla pioggia, abbiamo utilizzato alcuni capi d’abbigliamento particolari. Della Duofold abbiamo provato il tessuto Ventalayer, confezionato in due pezzi, maglia a maniche lunghe e pantaloni tipo fuseau, entrambi stretch, completi di maglia forata per aerazione a livello delle ascelle ed inguinale. Il tessuto è leggero ma molto caldo. confortevole, resistente. Diciamo ottimo al campo, un po’ meno con I’imbrago, a causa appunto dei pezzi di maglia traforata. Sempre della Duofold, ottime le maglie in Thermax. fibra prodotta dalla Dupont e che rappresenta un ottimo capo di fondo, a pelle in climi temperati o anche in grotta. I piedi li abbiamo affidati come sempre ai calzettoni Thorlo. calpestati ormai in molte, molte fatiche. Tra i Thorlo e il terreno pantanoso dell’Auyantepuy abbiamo messo gli stivali Fip modello cantiere (simili ai “Miniera” ma un po’ più leggeri), ottimi e resistenti anche se poco conosciuti. Della ditta Calamai invece abbiamo avuto la possibilità di provare con piacere una calda giacca in pile e due eccezionali tessuti ancora in fase di sperimentazione. Uno, confezionato sia in tuta intera sia in due pezzi, tipo tuta da ginnastica, era più morbido, non resistentissimo ma caldissimo, anche bagnato (e questo ci ha salvato in più di una occasione). L’altro. una microfibra, confezionato in sottotuta intera da grotta, si è rivelato I’optimum per la speleologia tropicale, non solo per I’adeguata capacità termica, ma anche per la sua resistenza.
  • Sacchi a pelo: della Lumaca, forse anche troppo caldi per il clima dei tepuy, ma mai disprezzati dopo giornate passate in acqua, sotto l’acqua, o a guardare acqua. Ottime le rifiniture, anche se la misura standard non premia chi di noi ha avuto da madre natura oltre il metro e novanta di altezza.
  • Due parole sulle tende, anche se non si tratta esattamente di abbigliamento. Le tende Salewa tipo Sierra Leone e Magnum, rispettivamente da due e tre posti, hanno risposto alla grande alla pioggia battente, coadiuvate da teli di nylon posti sul fondo, quotidianamente attraversati da veri corsi d’acqua. Unici luoghi validi per la loro installazione si sono rivelati i francobolli di roccia che affiorano qua e là nell’acquitrino.

Conseguentemente. siamo stati costretti a fissarle con tasselli fisher anziché coi picchetti, tecnica validissima che ripeteremo sicuramente in futuro.
                                                                    Tono De Vivo, Paolo Pezzolato