Sciacca – 91

 

SCIACCA ’91

Scafandro utilizzato nelle prime esplorazioni (Foto Archivio CGEB)

Pubblicato sul n. 25 di PROGRESSIONE – Anno 1991
Dopo un’assenza di ben cinque anni, agli inizi del mese di ottobre 1991, ci siamo recati nuovamente a Sciacca, patrocinati dall’Azien­da delle Terme di questa località siciliana.
Il motivo di questa mini-spedizione va ricercato nella necessità di eseguire un ac­curato rilievo dei rami già conosciuti della Grotta Cucchiara e di quelli scoperti nella spedizione dell’anno 1986. I dati così ottenu­ti sarebbero stati quindi proiettati all’esterno in modo da fornirci la possibilità di individua­re in quale posizione vengono a trovarsi i tortuosi percorsi della grotta in questione.
Nei compiti che ci eravamo prefissi di svolgere, vanno pure contemplati i sottonotati punti:

  • Una ricerca sulla provenienza dell’aria fresca circolante nella cavità;
  • la discesa dei pozzi adiacenti il Pozzo Trieste, oltre il punto raggiunto nel 1986;
  • individuazione del punto adatto per la sistemazione di un verricello (necessario per risolvere il problema delle future risalite del Pozzo Trieste);
  • misurazioni varie e foto.

Il tempo a nostra disposizione per adem­pire a quanto sopra era di una settimana: non molto se si considerano le sfavorevoli condizioni ambientali della grotta (da 25° a 38°C. con 11 100% di umidità) e la scarsità di mano d’opera. Comunque, nonostante tutto questo, siamo rimasti soddisfatti dal lavoro svolto.
La prima giornata è stata dedicata al trasporto del materiale nel vestibolo della Grotta Cucchiara lungo gli accidentatissimi e sorvegliatissimi pendii del Monte Kronio.
Perchè un pendio montano sia acciden­tato il lettore lo può forse facilmente immagi­nare, per quello che riguarda la sorveglianza invece, questa è dovuta al fatto che tutta la parte meridionale del monte è interessata da un’accurata opera di rimboschimento che ha un po’ modificato la situazione ambientale precedente a tali lavori. Infatti, per poter mettere a dimora le piantine, le maestranze del luogo hanno dovuto per forza di cose creare delle strade sterrate delle quali noi abbiamo ben volentieri approfittato, previ accordi con le Guardie Forestali, per spinge­re i nostri mezzi il più vicino possibile all’in­gresso della grotta. All’ombra di un grosso carrubo abbiamo installato il “Campo base” munito di telefono che collegava questo pun­to con la Caverna dei Finestroni prospicente il Pozzo Trieste. Gli addetti al centralino esterno erano ovviamente i nostri vecchi: il sempre presente comandante Giulio Perotti e l’intramontabile Giorgio Coloni.

Risalendo uno dei pozzi (Foto L. Torelli)

Il programma lavorativo per il giorno se­guente era quello di portare tutto il materiale fino alle zone fredde della grotta (dire «fred­de» è un eufemismo…), armare i pozzi late­rali ed iniziare a tirare i fili di battuta per la poligonazione. Logicamente tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare, ossia in questo caso la grotta, che attendeva sorniona il nostro arrivo. L’impatto con la stessa, dopo cinque anni di assenza, è stato disastroso. Neanche a pensare di svolgere tutto il lavoro prestabilito: ci siamo dovuti accontentare di armare solamente il pozzetto situato tra la Caverna delle Croste e quella dei Finestroni, tirare momentaneamente il fiato e quindi fare un rapido dietro-front fino all’imbocco della Via dei Furbi dove, prima di uscire, ci siamo fermati con i battiti del cuore alle stelle.
I giorni seguenti, già più acclimatati con l’ambiente interno, abbiamo iniziato a risalire i camini situati nelle parti terminali della cavi­tà, per scoprire la provenienza dell’aria rela­tivamente fresca circolante nella grotta. Da quanto si è potuto appurare l’aria stessa entra nel complesso ipogeo tramite fessure impraticabili sicuramente collegate con l’esterno. Dopo aver vagato nel Labirinto Terminale, l’aria risale un cunicolo comuni­cante con la Caverna del Guano (così chia­mata per gli imponenti cumuli di guano ivi esistenti, prodotti da una numerosa colonia di pipistrelli che vi abita insieme a delle grosse blatte color arancione). Tornando all’aria, essa prima satura questa caverna poi innalzandosi alquanto dal fondo della stessa imbocca un’ampia apertura che met­te in comunicazione la Caverna del Guano con i pozzi adiacenti il Pozzo Trieste. L’aria scivola verso il basso lungo le pareti di questi pozzi per confluire infine nel sistema basale, per ora sconosciuto, del P. Trieste. In tale sito l’aria si riscalda e quindi s’innalza lungo l’ampia verticale del Pozzo e, raggiungendo la sommità di questo, tramite qualche pas­saggio fuori dalla nostra portata, entra final­mente nel complesso delle Stufe di San Calogero.

Spossatezza (Foto L. Torelli)

I lavori di rilevamento proseguivano ala­cremente e, dopo aver scattato qualche buo­na foto ed effettuato le altre misurazioni che ci eravamo proposte, era venuto il momentodi intraprendere quella parte di lavoro che più ci stava a cuore: discendere i pozzi laterali in modo da poter raggiungere per vie traverse il fondo del Pozzo Trieste o, alme­no, le sue immediate vicinanze. Purtroppo il diavolo ci ha messo la coda facendo dimen­ticare al bravo Roberto la giusta profondità di questi pozzi che non era, come lui asseriva, di trenta metri scarsi ma si trattava di una verticale di cinquanta metri abbondanti. Ab­biamo nuovamente rivisto il punto raggiunto nel 1986 e di più non si poteva fare.
Risaliti i pozzi ci siamo distesi in un cunicolo in parvenza più fresco aspettando che i battiti cardiaci scendessero a valori umani. Nelle condizioni in cui ci trovavamo e col tempo che cominciava a stringere era impensabile allungare l’armo e tentare un’altra discesa. Un po’ a malincuore abbiamo sistemato il materiale nei sacchi ed iniziato la marcia verso l’esterno. Quel giorno in grotta erava­mo soltanto in tre e per recuperare tutto il materiale ci siamo stremati. Martincich e Coslovi erano impegnati all’esterno a posi­zionare i capisaldi della poligonale e non potevano certo venire ad aiutarci.
Il giorno dopo, avendo ultimato i lavori nella Grotta Cucchiara, siamo scesi nelle Stufe di San Calogero per accompagnare l’ing. Ambrosetti delle Terme di Sciacca a una doverosa visita ai vasi colà esistenti e per effettuare ancora qualche misurazione. All’esterno intanto, il custode delle Stufe ci ha gentilmente messo a disposizione una manica d’acqua con la quale abbiamo lavato tutto il materiale speleologico usato nella spedizione.
Prima di concludere voglio ringraziare a nome di tutti l’ing. Ambrosetti, le Guardie Forestali che si sono sempre dimostrate molto ben disposte nei nostri riguardi, l’im­mancabile e prezioso amico dottor Politi Ar­turo di Sciacca e tutti gli altri che con il loro disinteressato aiuto ci sono venuti incontro.
In ordine alfabetico hanno preso parte a quest’ultima spedizione i seguenti soci della “Commissione Grotte E. Boegan” di Trieste: Bone Natale, Coloni Giorgio, Martincich Roberto, Perotti Giulio, Prelli Roberto, Torel­li Louis, e Coslovi Diego della “Società Adria­tica di Speleologia” di Trieste.
                                                                                                  Bosco Natale Bone