Spluga della Preta

PRETA 1988 – 6 ANNI DOPO

L’argonauta di turno si veste e poi si immerge (Foto P.Pezzolato)

Pubblicato sul n. 20 di PROGRESSIONE – Anno 1989
Motivi per non andarci ne avevo a suffi­cienza e sarebbe rimasta lì per chissà quanti anni essendo una di quelle grotte che non mi hanno entusiasmato assai; non certo per le fessure temute “dagli italici”, ma piuttosto per l’ambiente circostante e la tanta gente che lag­giù ha dovuto alzare bandiera bianca lasciando in compenso tonnellate di rifiuti alquanto dispa­rati per tramandar ai posteri l’ennesima “déba­cle”.
Ma i tempi cambiano, i Verdi, fenomeno di moda o meno, sono una realtà come pure una nuova mentalità ecologica che lentamente inte­ressa un po’ tutti, speleologi compresi.
Tubo Longo e Puntina, loquaci ipogei d’e­sportazione sono stati così coinvolti in questo nuovo gioco al buio lanciato quasi per scom­messa ma anche con molta serietà da Troncon e soci, i quali hanno deciso di pulire la Preta da cima a fondo cercando inoltre di dare un nuovo impulso a certe esplorazioni dimenticate o non viste dai tanti. I due amici presero parte a un faraonico recupero d’immondizie da sotto il pozzo di 88 metri fin fuori e intrallazzando un po’ per una “dorada” nel sifone a – 800 metri.
Dalle parole ai fatti: designato il pinnuto, Spartaco per l’appunto, e il più classico tra i ritrovi, non ci rimase che partire in sei alla volta dei Lessini.
L’arrivo in zona avvenne a ore turche, stanchi ma ancora vivaci per salutare i colleghi d’oltre Timavo per percepire poi il giusto ripo­so. Alla mattina successiva iniziarono i macchi­nosi discorsi logistico-organizzativi, che conti­nuarono fino all’entrata in grotta, ogni tanto interrotti dagli urli del solito insaziabile alla ri­cerca del cibo da lui dimenticato chissà dove.
Gli amici del Tubo non si sono fatti vedere, inoltre si scoprono tanti piccoli retroscena più o meno celati e comunque alla buonora si inizia a scendere la verta d’ingresso con meta il capien­te sifone.
L’allegra comitiva si snodò per pozzi e strettoie, con svariate pause per le merende dell’orco vorace e la ricerca del giusto cammi­no. Ai lati delle varie sale si possono ammirare ivi parcheggiate quantità pantagrueliche di sac­chi d’immondizie in attesa del loro turno verso l’uscita, comunque non saranno certo le molte ore davanti a noi a farci perdere il “morbin”, ma piuttosto certi armi da “de suicidas” con spits messi più fuori che dentro e corde di marca ignota incise da strani morsi di bestia a noi ignota. Pazienza quindi. Pensando all’immer­sione dobbiamo infilarci in uno stretto meandrino bagnato alla cui fine l’argonauta di turno si veste e poi s’immerge scoprendo, ahimè, che il detto sifone non è altro che una grande marmit­ta senza prosecuzioni; immaginate voi cosa u­scì dalla bocca di Spartaco! Solita sfortuna per noi facchini di profondità senza tante soddisfazioni esplorative. Alla fine robusta merenda per dimenticare tutto, compresi gli ultimi metri per arrivare al sifone e via verso la luce, non tanto veloci ma anzi con moderazione grazie alla mo­le di Tubo e Pesce, i nostri battistrada di turno.
Innumerevoli soste a causa della complica­ta fisiologia del pachiderma che deve attingere cibo ogni 3/4 d’ora per poter andare avanti, fortuna per noi che la grotta è relativamente calda, quindi la pazienza risulta più diluita ma neanche tanto, specie la mia, La pioggia ci ha graziati, niente acqua quando usciamo, anche se fa freddo. I soliti marpioni sfruttano il “record di profondità” altrui per bere e mangiare gratis anche questa volta, seppur malamente.
Traendo le solite conclusioni: sifoni e buoi degli altopiani tuoi; ariviudis Canin a presto in Gortani per altre storie e magari un recupero definitivo per sentir dire una volta tanto la paro­la fine a chi piace vedere il magazzino pieno di materiale.
Ciao Paolo Pezzolato (Fox)

 

RILIEVO: S. Savio, R. Dalle Mule C.G.E.B. – 15.11.1988