Sciacca – 86

 

SCIACCA, MON AMOUR

A tale scopo ci siamo serviti di una telecamera stagna… filmando tutto sotto la tirannica regia di Prelli. (Foto E. Busulini)

Pubblicato sul n. 17 di PROGRESSIONE – Anno 1987
Durante l’anno 1986, a cavallo dei mesi di novembre e dicembre, ci siamo recati nuova­mente a Sciacca nelle grotte del Monte Kronio. Quest’ultima spedizione patrocinata dalla So­vrintendenza Archeologica di Agrigento, aveva come obiettivo principale l’individuazione all’in­terno delle grotte vaporose, meglio conosciute come «Stufe di San Calogero», di punti ottimali dove in seguito verrebbero installate delle tele­camere mobili e fisse a circuito chiuso.
Le telecamere, collegate via cavo a dei monitors predisposti nel soprastante museo, offrirebbero al turista una visione completa di tutti i reperti archeologici esistenti in questa grotta ed una visione panoramica della morfo­logia sotterranea della stessa.
Sistemati l’impianto elettrico e quello tele­fonico (realizzati dal bravo Durnik) ed i tubi di condotta per l’aria di raffreddamento con la supervisione del sempre valido Coloni, forte di una più che ventennale esperienza, abbiamo dato il via alle riprese.
A tale scopo ci siamo serviti di una teleca­mera stagna fornitaci dalla sopraccitata Sovrin­tendenza e montata su un treppiede per mac­china fotografica. L’assistenza esterna ci è sta­ta prestata dai tecnici dell’emittente televisiva locale «Monte Kronio».
Per l’illuminazione si sono rese necessarie due jodine da 1000 Watt predisposte su una specie di trespolo e portate a mano insieme alla telecamera. Con tali apparecchiature abbiamo percorso in lungo e in largo le gallerie Di Milia e Bellitti filmando il tutto sotto la tirannica regia di Prelli, cameraman e manager della spedizione, coadiuvato dall’onnipresente comandante Pe­rotti che dalla «plancia» seguiva le nostre opera­zioni al monitor.

Dopo aver filmato tutti i vasi … (Stufe di San Calogero, grossi pithoi nelle gallerie di fondo). (Foto L. Torelli)

Dopo aver filmato tutti i vasi interi e rotti, tutte le ossa umane e non, tutti gli anfratti della cavità, veniva pure immortalato dalla telecame­ra un candido vaso da notte (nuovo di zecca) che sicuramente in un primo momento avrà dato da pensare al cast di studiosi che si avvi­cendava davanti allo schermo.
Individuati tutti i punti ottimali, questi sono stati segnalati da picchetti e quindi riportati su accurati rilievi topografici eseguiti da Torelli e Savio. Nello stesso arco di tempo sono state scattate alcune centinaia di fotografie dal deca­no Busulini, aiutato nell’impresa dal sottoscrit­to che è stato malignamente segnato come «pri­ma donna» dai componenti della spedizione.
Con l’occasione si è nuovamente sceso il Pozzacchione per una doverosa visita allo scheletro ivi giacente al quale sono state esegui­te alcune foto ed asportata la mandibola, con­segnata poi ad alcuni specialisti per determinar­ne l’età presumibile.
Negli intervalli di tempo (molto rari ad onor del vero) abbiamo effettuato alcune punta­te in una cava vicina dove ci è stata segnalata la presenza di una grotta. Esplorata fino ad una profondità di sessanta metri, si è potuto appu­rare che la stessa è interessata da un discreto flusso di aria aspirante, nel mentre attorno alla cava stessa, si sono individuati alcuni punti di fuoriuscita di aria calda. Questo fenomeno, pa­rimenti a quello della Grotta Gallo, fa supporre l’esistenza di un complesso sotterraneo para­gonabile a quello delle Stufe di San Calogero – Grotta Cucchiara. In futuro, mezzi permetten­do, sarebbe opportuno effettuare un esame più approfondito a questo nuovo sistema che forse nasconde, nei suoi recessi sotterranei per ora sconosciuti, qualche interessante scoperta.
Sebbene il lavoro svolto nelle Stufe e nella sopraccitata cava sia stato positivo, la maggior soddisfazione in campo speleologico l’abbiamo avuta nella Grotta Cucchiara. Infatti, grazie al mancato funzionamento di un’apparecchiatura di supporto che avrebbe permesso di filmare a mezzo di una telecamera il fondo del Pozzo Trieste, il gruppo di speleologi addetti a questo lavoro ha intrapreso – di ripiego – una minuziosa ricerca nella cosiddetta Caverna delle Croste individuando un nuovo proseguimento sfuggito alle precedenti esplorazioni.
Si tratta di una nuova via, inizialmente ad andamento verticale parallela al Pozzo Trieste, sul quale ci siamo affacciati tramite un enorme finestrone a sessanta metri dall’orlo dello stes­so e più in basso ancora. La temperatura degli ambienti è molto più sopportabile e per il mo­mento non si è reso necessario l’uso dell’aria di raffreddamento. Le sorprese però non sono finite: continuando l’esplorazione abbiamo sco­perto un complesso reticolo di cunicoli e caver­ne molto esteso con aria circolante fredda (12- 13° C.). Per di più abbiamo individuato un’altra serie di pozzi tramite i quali raggiungeremo senz’altro il fondo del Pozzo Trieste eliminando così la problematica e pericolosa discesa dello stesso.
Purtroppo la mancanza di tempo e del materiale necessario per poter effettuare la discesa ci hanno tolto la soddisfazione di rag­giungere la bombola d’aria usata da Gherbaz e la statuetta di S. Calogero deposta sul fondo dell’immane baratro nella spedizione del 1979.
Concludendo queste note possiamo affer­mare di avere svolto un ottimo lavoro e gettato le basi per altre e forse ancor più soddisfacenti spedizioni.
Hanno partecipato a quest’ultima spedi­zione, in ordine alfabetico: Bone Natale, Busuli­ni dr. Enzo, Coloni Giorgio, Durnik Fulvio, Fili­pas Luciano, Ferluga Tullio e la gentile consor­te Marina, Perotti Giulio, Prelli Roberto, Savio Spartaco, Tinè prof. Santo, Torelli Louis.
L’opera dei nostri speleologi ha avuto un alto riconoscimento dal Comune di Sciacca, con la concessione della cittadinanza onoraria a tre partecipanti alla spedizione che hanno seguito tutte le campagne esplorative dal 1957 in poi.
Vogliamo ringraziare tutti e in modo parti­colare l’Amministrazione Autonoma delle Ter­me di Sciacca ed il suo presidente prof. Pasqua­le Mannino, per la massima collaborazione che ci è stata fornita.
                                                                                                     Natale Bone

Il «finestrone» sboccante a metà del «Pozzo Trieste». (Foto L. Torelli)