GROTTA DI PADRICIANO – GROTTA CINQUANTAMILA – GROTTA DELLE BALE – N. 3978 V.G.

Pubblicato sul n. 11 di PROGRESSIONE – Anno 1983
Una grotta dimenticata
Fra/e non molte grotte del Carso Triestino che accomunino ad una discreta lunghezza caratteristiche tali da essere annoverate fra le «grotte belle» ve ne è una che viene periodicamente visitata ed indi dimenticata: si tratta della «Grotta Cinquantamila» (dalla cambiale lasciata in pegno al padrone del campo, a garanzia della regolare chiusura dell’imbocco della cavità non appena conclusi i lavori), conosciuta e visitata nel secolo scorso, durante la seconda guerra mondiale, nel 1959 ed ancora qualche anno fa.
Dopo ogni visita, per espresso desiderio del proprietario, viene richiusa (e quindi dimenticata).
CENNI SULLA SCOPERTA (o riscoperta)
Nel gennaio del 1959, due speleologi della Commissione Grotte «E. 130EGAN» di Trieste, nella continua ricerca di nuove cavità sul Carso Triestino, vennero informati dell’esistenza di una grande grotta, ora chiusa, nella zona di Padriciano. Dopo lunghe ricerche, rintracciarono il proprietario del terreno dove avrebbe dovuto aprirsi quella cavità e lo convinsero a lasciarla aprire impegnandosi a ricoprirla ad esplorazione ultimata. Nonostante una bufera di neve imperversasse quel giorno sul Carso, i due si recarono sul posto accompagnati dal condiscendente paesano e incominciarono a scavare per mettere alla luce la grotta che, da notizie di quanti la rammentavano, doveva essere di notevoli dimensioni.
La domenica seguente, coadiuvati da un terzo speleologo, dopo aver rimosso quasi 6 metri cubi di materiale aprirono un cunicolo che portava ad una lunga galleria in forte discesa; da qui altre gallerie, caverne, cunicoli e pozzi per uno sviluppo complessivo di 300 metri, fecero di questa una delle grotte di maggior sviluppo del Carso Triestino.
Ma altre scoperte interessanti furono fatte quel giorno nella nuova cavità. Infatti date risalenti al secolo scorso e lavori di adattamento (come gradini artifici!: nei punti d rnaggior pendenza, una vasca per la raccolta dell’acqua di stillicidio nel cavernone finale, resti lignei e metallici di una o più scale a pioli ai piedi del pozzo principale e tracce di scavi con attrezzi e mine nel pozzetto finale) fanno ritenere che anche questa grotta sia stata oggetto di ricerche – come il non lontano Abisso dei Morti n° 15 VG, la vicinissima Grotta di Padriciano – n° 12 VG, e l’Abisso di Trebiciano – n° 17 VG – ricerche condotte nel secolo scorso da varie persone quali Antonio Federico Lindner, lo Svetina e gli ingg. Wallon e De Rin dell’Ufficio Tecnico Comunale di Trieste, nel tentativo di risolvere il problema dell’approvvigionamento idrico per la città intercettando nelle grotte più profonde corsi d’acqua sotterranei.
Straordinariamente ben conservata spicca sulla parete presso l’orifizio del pozzo principale la scritta «E. W. 1866», dove la «W» starebbe per «Wallon», ingegnere che in quegli anni lavorava anche all’Abisso dei Morti.
Alcune date più recenti testimoniano il passaggio di altri visitatori, probabilmente dei partigiani che nell’ultimo periodo bellico vi trovarono rifugio e ricovero.
DESCRIZIONE
Tra Padriciano ed il valico di Monte Spaccato si apre l’ingresso, ora ostruito, di una fra le più vaste ed interessanti cavità del Carso Triestino.
Un breve ma basso cunicolo porta ad una galleria in notevole pendenza, alta in media 2-3 metri e larga altrettanto, dal suolo in parte ricoperto da detriti ed in parte da un crostone stalagmitico poggiante su sedimenti argillosi. Dopo una ventina di metri dei gradini artificiali incisi nella concrezione o formati da massi accatastati uno sull’altro facilitano la discesa nei punti più ripidi. Numerose concrezioni abbelliscono qui la galleria, mentre il suolo – quasi per contrasto – è ricoperto da uno strato di argilla attaccaticcia. Sopra ai punto 7 si apre un alto e stretto camino da cui, il giorno 22/2/59, scendeva una corrente d’aria fredda e un abbondante stillicidio. Oltre questo punto si giunge, dopo una ventina di metri, ad una spaziosa caverna alta 12 metri da cui si dipartono 3 9-32crie; i; suole ce.:3tituito da un alto .strato c’j argilla e in alcuni punti più depressi l’acqua stillante dal soffitto ha formato piccole polle d’acqua fangosa. Questo, che potrebbe essere definito il centro della grotta, doveva fungere da collettore dei corsi d’acqua ipogei che percorrevano i vari rami della grotta per poi riversarsi nel cavernone finale, da dove proseguivano per vie oggi sconosciute.
Nella parete Est di questa caverna (p.9a) si apre una spaziosa galleria che dopo venti metri prosegue con uno stretto e breve passaggio fra l’argilla del pavimentò e la base della parete di fondo. Superatolo si accede ad una seconda galleria di origine diaclasica impostata su fratture con orientamento prevalente NNE – SSW. Al p. 16 si apre un lungo cunicolo in salita, interrotto verso la fine da una cavernerta; anche questo doveva essere percorso da un ruscelletto che si gettava nella bassa galleria di cui ai punti 14-13b del rilievo.
Nella caverna centrale si apre a pochi metri di distanza dal p. 9a una finestra dai bordi irregolari che immette in una alta e larga galleria che a destra porta al pozzo principale ed a sinistra sale per circa 30 m, adorna di bellissime formazioni calcitiche; particolarmente bella è la saletta al p. G. Due strettoie portano infine ad una cameretta con alcuni bacini d’acqua.
Dal p. 9a si diparte infine la diramazione maggiore, che scende con una lunga serie di gradini scavati nell’argilla. Al p. 24 questa si unisce alla galleria citata poco sopra ed insieme si gettano nel pozzo principale, dove fu rinvenuta la scritta «E.W.1866», profondo 29 metri; scendendo per questo pozzo, dopo 13 m si giunge ad un ripiano da dove si scorge come l’acqua che scorreva nella cavità abbia profondamente inciso la parete del pozzo, originariamente obliqua, scavandovi una stretta gola. Qui ed alla base del pozzo si scorgono frammisti all’argilla ed ai detriti, i residui marcescenti di una o due scale a pioli. Cinque metri sotto questo pianerottolo si apre una breve e fangosa diramazione. Dalla base del pozzo si perviene in una caverna lunga 20 m, larga 8-9 ed alta in media 15, dalla volta perforata da alcuni camini stillanti acqua in abbondanza. Un cumulo di sabbia occupa un angolo della caverna, e questa è una rarità per una grotta della nostra zona. t- rugando tra questa sabbia si rinvennero numerosi pisoliti, alcuni di ben 20 cm di diametro.
Accanto al mucchio di sabbia si apre alta sulla parete un’altra galleria (p. 33 e segg.), adornata da lunghe e bellissime stalattiti, della lunghezza di circa 15 m. Da questa scende un solco analogo, anche se di dimensioni più modeste, a quello in cui scende il pozzo principale. Nel punto più depresso della caverna, in un pantano d’argilla mista a sabbia, si trova un bacino artificiale per la raccolta dell’acqua, costruito con alcune assi di legno.
Su un fianco della caverna infine si apre un pozzetto di m 5,60, interamente scavato artificialmente che porta al punto più profondo della grotta, 73 metri. Qui si scorge ancora la fessurra che i ricercatori d’acqua del secolo scorso avevano seguito sperando li portasse in nuovi ambienti ed a profondità maggiori, ma che abbandonarono ad un certo punto per ragioni a noi ignote.
ALTRI DATI
La grotta Cinquantamila è palesemente un inghiottitoio fossile, di tipo analogo alla Grotta di Padriciano, n° 12 VG. Le sue ampie gallerie inclinate e la sua posizione sull’ipotetico corso del Paleotimavo non possono che avvalorare questa tesi. Probabile è anche che nella cavità entrasse più di un corso d’acqua; infatti la galleria 25-A-B-C-D e segg. mostra chiaramente di essersi formata indipendentemente dalla galleria d’entrata. Sulla presenza di sabbia nella cavità, invece, non si è in grado di fornire alcuna spiegazione.
IL RILEVAMENTO
Esterno: E’ stata determinata la situazione e la quota di ingresso della grotta mediante una poligonale aperta di 10 vertici, con base alla grotta e arrivo ad un punto quotato dall’I.G.M. distante meno di 200 m. Per gli angoli è stato usato un livello Abney su treppiede, con vite micrometrica e bussola sessagesimale applicata allo strumento con snodo semicardanico.
Interno: ‘Dato il breve tempo disponibiie non si sono effettuate alcune misure come in programma, ma si è data maggior accuratezza all’assunzione del rilievo perchè possa servire da base per eventuali ulteriori visite della grotta. Sono stati usati i soliti strumenti di rilievo speleologico: una bussola a traguardo a graduazione sessagesimale e una rotella metrica alci m; per le temperature è stato usato un termometro a mercurio del tipo a fionda, a divisioni di 1/2 grado.
Franco Gherbaz
Il giorno 22 febbraio 1959 sono state riscontrate le seguenti temperature:
Temp. Est. | 7,5°C. | |
Temp. P,1 | 10,5° C. | |
Temp. p.2 | 11,5° C. | |
Temp. p.32 | 12,6° C. | – aria |
Temp. p.32 | 12,0° C. | – acqua |
Temp. p.32 | 12,4° C. | – terreno |
I.G.M. 25.000 |
F. 53a – 1° N.E. – San Dorligo della Valle |
Coordinate polari |
m 588 Sud + 570 30′ Ovest della chiesetta di Padriciano m 191 Est + 62° 25′ Sud dalla quota 355 |
Coordinate geografiche |
1° 22′ 50″ — 45° 39′ 08″ |
Coordinate UTM |
33T VL 0912 – 5658 |
Quota ingresso |
m 356,70 s.l.m. – determinazione geocartografica |
Quota al punto più profondo |
m 283,70 s.l.m. |
Profondità massima |
m 73 |
Sviluppo totale |
m 300 (comprese poligonali secondarie) |
Lunghezza ramo principale |
m 113 (in proiezione) |
Pozzi interni |
m 29,50 – m 5,60 |
Terreno geologico |
La grotta si apre nel calcare Liburnico (Spilecciano) un calcare grigio, spesso nerastro, più o meno bituminoso a seconda della zona. |
Data del rilievo |
22 febbraio 1959 |
Rilevatori |
Franco Gherbaz e Aldo Bobek, Commissione Grotte «Eugenio Boegan» |
Proprietario del terreno |
Sig. Gregori Giuseppe, di Padriciano. |
Bibliografia |
Marini D., 1961 – Le cavità inedite del Catasto Speleologico della Venezia Giulia – Rassegna Speleologica Italiana, 13 (4): 1-16 Forti F., Tommasini T., 1964 – Il Carso del Monte Spaccato – Atti e Memorie Commissione Grotte «Eugenio Boegan», 6: 69. |