SIMA DEL CUETO-COVENTOSA (— 860 M)
Pubblicato sul n. 11 di PROGRESSIONE – Anno 1983
Come al solito l’orso Papponcio organizzò una delle sue gite goderecce: «Bisogna santificare la Pasqua» disse, così prese lentamente forma l’idea di ritornare in Spagna.
Falisca fu abilmente adescato e ci prestò la «132» (dietro lauta garanzia, sigh!). Trovato il mezzo, i denari e la grotta, non mancavano che due disoccupati ed il gioco era fatto. Partimmo verso Torino per prelevare la dolce consorte (dell’orso ovviamente) e dopo aver visto «Animal House», alle 2 di notte puntammo verso Nizza: ci attendeva tutta la Francia del Sud sino al margine estremo dei Pirenei sull’Atlantico. Al confine l’auto fu completamente vuotata su gentile richiesta dei doganieri, ma ormai eravamo in Spagna.
Dormimmo vicino a Bilbao, su una bella spiaggia e il giorno dopo sotto la pioggia, Ramales della vittoria verso la vai d’Ason fino ad Aredondo. Trovammo dopo 2 km la risorgiva del sistema e circa 100 m più in alto l’entrata imponente della Coventosa, dove armammo l’unico salto che avremmo incontrato in risalita molti giorni dopo.
Il tempo continuava a peggiorare e sulle alture nevicava; ciononostante partimmo due giorni dopo verso l’entrata del Cueto guidati da un pastore locale; raggiungemmo dopo due ore di marcia l’altopiano nevoso dell’entrata. Una piccola galleria conduce dopo pochi metri sull’orlo del pozzo di 300 m; 2 spits e via! 200 m a campana fino ad un comodo terrazzo, altri 100 m un po’ franosi. Dopo questa delizia una serie di pozzi fangosi (54,8,8,45,5,30,35,40,5,25) non molto belli, comunque attrezzati per le corde doppie; l’ultimo salto, un po’ bagnato, conduce in un’enorme galleria a —520 circa.
Con l’aiuto della bussola ci dirigemmo a Sud verso l’immensa caverna «delle 11 ore», da qui verso il pozzo Noel che segna la fine del primo sistema di gallerie, immettendoci in un secondo caratterizzato da magnifiche condotte forzate e caverne impreziosite dai fiori di gesso. Continuammo per la strada ben segnata senza difficoltà sino al pozzo che congiunge le due cavità con una risalita su corda da brivido per immetterci nel TROU SOUFFLEUR con i suoi meandri stretti, i bigoli bagnati e qualche pozzetto armato con corde da bucato (5 mm 0).
La strada qui non è molto logica e ci fece rimpiangere le comode gallerie; dopo un ennesimo «bigoletto» giungemmo su un pozzo stretto, di 15 mti, sceso il quale ancora una piccola galleria porta ai laghi.
Ci cambiammo davanti al primo lago e qui pensai bene di far cadere gli occhiali fra i massi di una frana; attimi di panico, ma l’esile Patrizia riuscì a restituirmi la vista perduta. Il primo lago fu presto superato con una corda in loco, e per un canion enorme proseguimmo verso il nostro umido destino; al secondo lago, lungo 150 m, non degnammo neanche di uno sguardo un canotto sgonfio. Giulivi ci calammo in acqua, ma le pontonier non ci permettevano di galleggiare mentre i sacchi ci trascinavano verso il fondo. Mario era convinto che questi preziosi indumenti facessero rispettare la legge di Archimede, ma i tetri laghi spagnoli bocciavano le sue teorie di giovane promessa della fisica moderna.
Tristemente recuperammo il canotto bucato, gonfiandone i pochi scomparti interi; un Fossile non pesa tanto e un Lazzaro ancor di meno, così lasciammo Maurizio, Mario e Paki in una dimora argentata abbandonandoci alla corrente.
Il mio corpetto salvagente risultò ben fornito di buchi, mentre il salvagente di Lazzaro perì miseramente su una lama fra una miriade di bolle. Continuammo annaspando fra le rapide fino al terzo lago lungo 100 m, anche qui scene fantozziane con perdita degli stivali e successivo recupero, tragico approdo su una spiaggetta.
Continuammo fra laghetti, salti e rapide, oramai abituati al nuoto vigoroso, per giungere in una caverna asciutta. Ennesimo pellegrinaggio quasi al buio, e dopo circa 8 ore di ricerca, ci buttammo nell’ultimo lago che segnava la fine dei nostri sforzi.
All’esterno ci rivolgemmo alla Guardia Civil per ottenere un canotto per trasportare all’esterno anche i nostri compagni con il materiale: giunse l’esercito e il soccorso speleologico, dando l’impressione a tutti che si trattasse di una situazione disperata. I soccorritori eccedevano in buona volontà, e per ragioni nebulose, non ci consentirono di rientrare ad aiutare i nostri amici che attendevano ormai da 2 giorni; riuscimmo ad eludere la sorveglianza e a portare il canotto ai tre che non stavano affatto morendo come la stampa italiana stava facendo credere.
Sembrava tutto felicemente concluso, ma in Italia scoprimmo tutti i retroscena e la montatura sproporzionata dei giornali locali e nazionali: dopotutto avevamo chiesto solo un canotto!
Paolo Pezzolato
Paolo Pezzolato (Fox), Alberto Lazzarini (Lazzaro), Mario Bianchetti (Pap), Maurizio Glauina (Glaou), Patrizia (Paki)