Campagna di scavi nella 87 VG – 2 puntata

 

CAMPAGNA DI SCAVI NELLA 87 VG – 2 PUNTATA

 

 Pubblicato su “PROGRESSIONE N 54” anno 2007

Eccomi qua, cari amici lettori, per ragguagliarvi sul proseguimento dei lavori, già iniziati nel 2006, nella “Grotta presso il Casello Ferroviario di Fernetti”, ossia la 97 VG. Come certo sapete o immaginate, lo scopo di questi accaniti lavori consiste nel motivo di raggiungere nuovamente il corso sotterraneo del Timavo, o qualche suo braccio secondario, che di certo scorre nei più profondi recessi della cavità in oggetto.
Logicamente tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare di strettoie da allargare, frane da sistemare e la terribile fanghiglia da asportare. Senza contare poi i capricci dell’aria che seguendo il suo flusso ci fa scavare ora in un posto, quindi in un altro e in un altro ancora, senza schiarirci le idee, né indicarci esattamente il punto “clou” definitivo dove concentrare gli scavi. Così, ridendo e scherzando (si fa per dire), dopo ottantacinque giornate di lavoro, siamo pervenuti ad una profondità di altrettanti metri dal livello di campagna; non è poco,ma neanche molto considerando il dislivello – almeno altri 200 metri – ancora da superare.
Nella puntata precedente mi sono fermato col racconto a quota -52 metri, sul fondo angusto del P. 28 interno, dove si era iniziato un lavoro di disostruzione ed ampliamento di una strettoia che immetteva in un pozzo laterale. Il materiale di risulta veniva sistemato addossandolo lungo le pareti circostanti sfruttando pure ogni minimo anfratto. Dopo alcune giornate di tali lavori la strettoia in questione è stata resa percorribile e discendere un pozzetto disadorno, sormontato da un alto camino che drena le acque d’infiltrazione che mantengono le pareti del pozzetto stesso costantemente coperte da un velo di umidità. Proseguendo la discesa, dopo una quindicina di metri si è raggiunto un fondo, non molto spazioso, ingombro di detriti, dal quale saliva un discreto flusso d’aria. Abbiamo cominciato lo sgombero del pietrame sistemandolo momentaneamente in ogni luogo disponibile. Con l’opera di approfondimento si è venuto a creare un pozzetto di forma allungata comunicante nella sua parte terminale con una esigua frattura. Un fortunato lancio di pietre nella frattura evidenziava la presenza di un altro pozzo valutato sulla ventina di metri di profondità. A seguiti di lunghi e faticosi lavori quest’ultima strettoia è stata resa agibile appena quel tanto per permettere il passaggio a persone non corpulente (leggi magrissime).
Superato questo ostacolo ci siamo affacciati sul pozzo che, grazie al cielo, non presentava soverchi problemi per la sua discesa. L’alto camino a lui contrapposto, piuttosto infido, pone la sua volta frastagliata sotto la base del famoso P. 28 raggiunto nelle precedenti esplorazioni; quindi si è disceso il menzionato P. 20 (in realtà rivelatosi poi un P. 16) poggiando i piedi metri sei più in basso su un ammasso di pietrame (tolto in seguito) con relativa strettoia, oltrepassata la quale, scendendo lungo pareti levigate da un costante velo d’acqua, dopo alcuni metri di prosecuzione verticale ci siamo fermati sopra un fondo costituito da massi di tutte le dimensioni, scarsi crostoni calcitici e l’immancabile argilla umida ed attaccaticcia.

      Però, come spesso scrivo nei miei racconti, proseguiamo con ordine.

Un giorno, mentre stavo nel prefabbricato posto nelle immediate vicinanze della nostra grotta, a rilassarmi fumando una sigaretta, ascoltavo gli amici e compagni di scavo discutere sulle strategie dimettere in atto per agevolare il più possibile i futuri lavori nella cavità che diventavano via via oltremodo onerosi. Rabbrividivo nell’udirli:
Pino e Furio: “Sarà opportuno stendere una linea elettrica fino sul fondo per illuminare il percorso con lampade e per il funzionamento del trapano demolitore”. A occhi chiusi meditavo: questo va bene per il Makita, ma la luce elettrica mi sembrava inutile. In quegli ambienti sempre angusti l’illuminazione personale era sufficiente.
Roberto e Giuliano: “Bisogna togliere la capriata e il tavolame che ricopre Glauco: “Tutta la grotta va attrezzata con scale metalliche fisse! Per fare questo bisognerà allargare in maniera opportuna le strettoie, gli ingressi dei pozzi e i pozzi stessi per permettere il passaggio e la messa in opera delle scale”. E avete detto niente! Spensi il mozzicone della sigaretta e, dopo un sospiro, guardai gli amici senza proferir parola. Loro, conoscendomi da remota data, intuivano i miei pensieri e tentavano di convincermi che tali lavori andavano senz’altro eseguiti, altrimenti non si approdava a nulla. Mi hanno convinto! E i fatti questa volta hanno dato ragione a loro.
Il più grande onere dei lavori se lo è preso Glauco al quale va il nostro lungo plauso per aver costruito le scale (un’ottantina dimetri, fabbricate in maniera tale che una si infilava nell’altra, creando così un blocco unico). Sempre Glauco,coadiuvato da Furio e Giuliano, provvedevano a sistemare le scale lungo i pozzi, fissandole alle pareti con tubi Innocenti e tiranti. E’ stato fatto un lavoro a regola d’arte! Ora, per raggiungere la massima profondità (-85 m) si impiegano al massimo una quindicina di minuti.
Si è pure stesa la linea elettrica per l’illuminazione e il trapano. Giuliano si era incaricato di tale lavoro , sistemando iodine, cavi e varie prese di corrente allestite dall’impareggiabile Glauco. Infine si è tolta la capriata e il tavolatol’ingresso del buco! Oramai non ci serve più. Poi fare una gettata di calcestruzzo e chiudere l’ingresso con una botola”. Anche questo lavoro per il momento non mi sembrava assolutamente necessario. In seguito, prendendo in considerazione i risultati ottenuti con le esplorazioni future, si prenderà in esame la concretizzazione dell’opera. che coprivano l’ingresso della grotta, applicando poi sull’accesso una botola metallica con tanto di sfiatatoio.
Con soddisfazione di tutti i lavori, che al principio mi avevano fatto rabbrividire, sono stati portati a termine e neanche in tempi tanto lunghi. Ora non restava che stendere un piano per i lavori futuri.
Visto che l’apertura di un pozzo parallelo al P. 28, nella ricerca di qualche altro passaggio in modo da by-passare la quota – 52, ha dato risultati negativi – le pietre gettate in questa nuova diramazione, confluivano una decina di metri più in basso, nel pozzo principale, ossia il P. 28, abbiamo deciso dapprima di allargare una fessura verso il fondo dello stesso, a quota -47, aprendo uno stretto passaggio che porta ad un P. 6 ampietto e sormontato da un camino irregolare che comunica una quindicina di metri più in alto con il solito P. 28. Il P. 6, dal fondo ingombro di sfasciumi, non dava soverchie speranze di ulteriori proseguimenti, né un anelito d’aria saliva tra il pietrame colà presente. Il flusso d’aria percepito in precedenza era dovuto alla “caduta” dell’aria stessa dal camino testé citato e, all’altezza della strettoia allargata, veniva convogliata all’interno del P. 28 e risaliva le pareti di quest’ultimo creando in tal modo un maligno giro vizioso. Seccati da questa scoraggiante scoperta decidemmo di tornare a rovistare tra i fangosi detriti a – 85 metri, dove se la rimozione di tale materiale lapideo non diede eccessivi problemi, la sua sistemazione risultò piuttosto ardua. Riempito in breve tempo un pozzetto cieco, si iniziò ad erigere un muro di pietrame e fango a ridosso della parete opposta al luogo di scavo, innalzandolo per ben sei metri grazie al nostro bravo Pino, vero maestro per siffatte opere di costruzione. Così, scavando e qualche volta sacramentando ci siamo abbassati superando i 90 metri di profondità ove ci attendeva un inaspettato fondo roccioso interessato da una minuscola fessura dalla quale saliva un esile filo di aria. La fessura stessa immetteva in un pozzetto strettissimo, profondo qualche metro e a prima vista umanamente non percorribile. Dopo parecchie giornate di lavori volti ad ampliare il pozzetto in questione Giuliano ha potuto scendere per un paio di metri senza però poter raggiungere il fondo.
Durante questa fase di lavori si è effettuata, con la collaborazione di Gianluca Depretis, una prova con il ventilatore aspirante l’aria dall’ingresso della grotta, per osservare il comportamento effluviale dell’aria stessa. Logicamente nostra sorella aria proveniva in gran parte dagli interstizi del fondo, ma anche da una insignificante fessurina, neanche centimetrica, situata nel passaggio che dal P. 28 porta al pozzetto laterale (p. 6), ossia a quota -47 dal livello di campagna.
Inutile dire che il cantiere di lavoro si è trasferito in tale sito. Come spesso si dice e a volte, almeno in grotta succede, che per andare più in basso bisogna salire in alto.

    Cominciati senza indugi con tutti i mezzi a disposizione i lavori di ampliamento, dell’esigua e insignificante fessura, in cui le pietre “battevano” per circa cinque metri; qualche lancio più fortunato indicava la presenza di un ulteriore pozzo. Dopo alcune giornate di lavoro di ampliamento – il materiale pietroso di risulta veniva scaricato nel vicino P. 6 – il pozzetto è stato reso percorribile quel tanto che è bastato per potervisi infilare e raggiungere il fondo invaso di detriti che occludevano l’accesso all’altro pozzo (P. 11). In questo è sceso Furio in solitaria, tra pietre in bilico e lame di roccia instabili (in seguito il materiale pericolante è stato rimosso). Il pozzo in oggetto ha una forma diaclasica, è piuttosto eroso per circa i 2/3 poi, verso le quote di fondo, alquanto concrezionato e dalle pareti più sane. Il minuscolo pertugio, ubicato ad un vertice della diaclasi e notato dal primo esploratore, non dava speranze di altri proseguimenti. Infatti le pietre lanciate da Furio al suo interno interrompevano la loro corsa un paio di metri più in basso, in un ambiente strettissimo e poco invitante. Apprese queste sconfortanti notizie ci accingevamo a scendete nuovamente a quota -90 per tentare di allargare il pozzetto terminale affrontato tempo prima da Giuliano. Roberto e Pino, invece, si assumevano il compito di eseguire il rilievo topografico della diramazione laterale appena esplorata da Furio. L’ineguagliabile Roberto, affacciatosi sul minuscolo pertugio sopra citato, ha percepito un discreto flusso d’aria fuoriuscire dallo stesso. Dopo numerosi lanci di pietre il nostro uomo ne ha azzeccata una giusta, che si è involata in un pozzo profondo una ventina di metri. Dietro front a uomini e materiali per allestire nuovamente il cantiere di lavoro in questa nuova diramazione laterale.

Con alcune ore di lavoro il famoso pertugio è stato allargato a sufficienza per poter scendere in un’angusta mini gallerietta interessata nella sua parte superiore da un breve meandrino alla cui base si apre un cunicolo assolutamente non percorribile, dal quale esce un deciso soffio d’aria, e uno sprofondamento dove abbiamo già iniziato a gettare il materiale di scavo. L’orifizio del pozzo scoperto da Roberto con il lancio di pietre si apre al termine della gallerietta appena raggiunta. Anche questo ingresso non era agibile. Per renderlo tale si sono rese necessarie alcune giornate di lavoro con mazza e cunei. Aperto quanto basta mi ci sono infilato dentro scivolando in verticale per un paio di metri; l’ambiente in cui mi sono trovato, data la sua esiguità, non mi ha permesso di muovermi a mio agio. Ho potuto notare, però, sulla parete a me di fronte, il vero accesso (logicamente non transitabile) del menzionato P. 20 che oltre quest’altro impedimento sembra allargarsi discretamente. Aria risalente dal pozzo sottostante, degna di nota. Forse abbiamo “intivato” la via giusta. Speriamo in bene.
Poter arrivare nei luoghi di cui sopra, non a tutti i mortali è concesso. Di questa concessione, data la sua corporatura, è carente l’amico Glauco. Per non lasciarlo a bocca asciutta e anche per non perdere il suo considerevole aiuto nei lavori presenti e futuri, abbiamo deciso di allargare nei limiti del possibile, tutta quanta la diramazione laterale. Siamo arrivati già a buon punto, con grande soddisfazione nostra e di Glauco che per premiarci ha installato a tempo di record una scala fissa sul P. 5 iniziale di questo nuovo proseguimento.

     Concludo questo racconto col P. 20 ancora da scendere ed esplorare, sperando che la Dea Fortuna, nei nostri riguardi, si levi la benda dagli occhi.

Bosco Natale Bone