Fabio Scabar

 

FABIO SCABAR 1974 – 01 marzo 2010

Il primo marzo 2010 ci lascia Fabio Scabar, speleologo ed alpinista esperto, istruttore nazionale della scuola del soccorso alpino e direttore della scuola regionale del soccorso stesso.
Ma questi titoli non spiegano chi era Fabio. Fabio era innamorato della natura, della montagna, della speleologia e delle tecniche su corda.
Nasce ne l 1974 e fin da giovanissimo sceglie la via dell’avventura e ne subisce irrimediabilmente il fascino. Dopo le prime passeggiate e vie ferrate con la famiglia sulle dolomiti, abbraccia la carriera speleologica con alcuni amici e compagni di classe.
Si iscrive alla Società Adriatica di Speleologia, che frequenta per sette anni densi di fruttuosa attività esplorativa nel Carso triestino prima, e sull’altipiano del Canin poi.
Non ancora maggiorenne, inizia a frequentare i grandi nomi della speleologia degli anni novanta impegnati in quel periodo a portare a segno importanti risultati sul Col dell’erbe e nel Canin sloveno
Dal 1994 è protagonista delle esplorazioni al Led Zeppelin, ad ora considerato uno dei più impegnativi abissi italiani. La “saletta Rosina” a -450 prende il nome dal caratteristico effetto Rimmel che il carburo dava ai suoi occhi.
Parallelamente Fabio investe in attività quali lo scialpinismo, l’arrampicata sportiva, l’alpinismo classico e le attività su ghiaccio.
A soli diciotto anni entra nel soccorso alpino ed inizia una fruttuosa carriera, che lo vedrà crescere sino a diventare Istruttore Nazionele di Tecnica in ambito delle Scuola Nazionale Tecnici CNSAS. Dal 2005 diventa il direttore regionale della scuola del Friuli Venezia Giulia.
In suo ricordo la scuola nazionale gli intitolerà una manovra di uscita della barella da pozzi molto ampi.
Una settimana dopo il suo ritorno da una spedizione in Vietnam, durante un’escursione di scialpinismo sul monte Polinik in Austria, Fabio viene travolto da una valanga che gli sarà fatale.
Se il primo marzo molti hanno perso un amico, un compagno di risate e feste, un compagno di cordata sicuro e riservato, tutti abbiamo perso un bravo insegnante, un bravo alpinista, un bravo speleologo.
Ciao Fabio
Giampaolo Scrigna

FABIO

La notizia della valanga che ti aveva travolto si è propagata di bocca in bocca, lasciandoci attoniti e sconvolgendo il nostro ambiente, le nostre abitudini quotidiane. Improvvisamente, tutto passava in secondo piano, ciò che contava era solo il sapere come stavi e sperare nel miracolo.
Giorni angosciosi dove, con ogni amico che si incontrava, l’argomento eri solo tu, e dove, man mano che il tempo passava, avevamo quasi paura di guardarci negli occhi, paura di leggerci lo sconforto della consapevolezza che la tua vita era ormai appesa ad un filo sottilissimo, nonostante all’ospedale di Klagenfurt stessero facendo l’impossibile per te.
Ma, purtroppo, né i medici austriaci, né l’amore dei tuoi e tantomeno le nostre speranze hanno potuto cambiare le sorti del tuo destino, che evidentemente Altri avevano già scritto e deciso. La ferale notizia ci è giunta con una telefonata mentre stavamo pranzando. Improvvisamente, ci siamo trovati a testa bassa, svuotati, schiantati, a guardare le nostre lacrime cadere in un piatto che non saremmo più riusciti a finire, scossi dai singulti di un pianto che l’angoscia troppo a lungo repressa ora trasformava finalmente in sfogo.
E la mia mente ha cominciato ad andare a ritroso nel tempo, a ricordare tutti gli amici che in tanti anni avevo perduto perchè troppo presto se n’erano andati, rapiti da incidenti o mali incurabili. Uno ad uno, i loro giovani volti mi si presentavano. Mentre mi sciacquavo il viso, mi sono guardato allo specchio e mi sono chiesto “perchè” io continuo a vivere ed invecchiare mentre voi, e siete in tanti, ve ne siete andati e continuate ad andarvene nel fiore degli anni, proprio come hai fatto tu, Fabio, a soli 36 anni, quando invece la vita avrebbe dovuto appena iniziare a sorriderti e portarti verso quei grandi traguardi che si chiamano famiglia e figli? Ad esser vivo mi sentivo un po’ ladro.
Sabato 13 marzo: nelle loro sgargianti divise, i tuoi amici Volontari del Soccorso ti stavano già aspettando all’esterno della chiesa di Barcola per accoglierti e farti sentire che erano lì per te.
Alle 9 in punto sei arrivato dall’Austria. Una piccola urna. Tu, un ragazzone alto e forte, ora stavi tutto là in quella piccola urna cineraria circondata dai fiori, ma noi ti immaginavamo com’eri prima, quando il tuo sorriso si apriva fra due guance sempre rosse e due occhioni da bambinone, come quando, a soli dodici anni, avevi cominciato la tua attività speleo.
C’è una famosa canzone di Guccini che ad un certo punto dice: “…gli eroi son sempre giovani e belli…”, ed è proprio così, tu non invecchierai mai, resterai sempre nei nostri cuori così com’eri. Troppo piccola, la chiesa di Barcola, per contenere tutta quella folla di tuoi amici, parenti, conoscenti, compagni di scuola, colleghi di lavoro e, soprattutto, tuoi compagni in tante avventure di arrampicata, di speleologia, di scialpinismo, e tuoi compagni del Soccorso Alpino accorsi da ogni dove, anche da altre regioni, per venirti a dare l’estremo saluto. Quella folla rendeva bene l’idea di quanto tu fossi stimato e di quanto tutti ti volessero bene, perchè non si poteva non volertene, Fabio.
Tu te ne stavi là in mezzo, circondato dai fiori, e sono certo che ci vedevi e ci sentivi, e sono certo che lì, vicino al tuo papà che aiutavi a farsi forza, c’era anche la tua mamma che avevi perso tanti anni prima, quando eri ancora un bambino Tu hai sentito ciò che di te hanno detto il sacerdote ed i tuoi amici. Parole bellissime, sgorgate dal cuore, parole che toccavano l’anima, che rendevano perfettamente conto ai presenti di chi eri, non solo per loro, ma per tutta la comunità. Abbiamo cercato di improvvisare un coro, così, all’ultimo momento, per cui ti chiediamo scusa se ci sono state stonature ma, nel nostro stato d’animo, era quanto di meglio riuscissimo ad esprimere, l’importante era farti sentire quanto ti eravamo vicini. “Stelutis Alpinis” e “Signore delle Cime” sono stati il nostro ultimo regalo per te. Alla fine della cerimonia, la chiesa era piena di occhi arrossati ed umidi al punto che quasi ci si vergognava ad incrociare gli sguardi altrui, al dimostrare la nostra debolezza umana.
Ed uscire all’aperto con quella splendida giornata di sole ha sollevato un po’ gli animi. In un lungo corteo di auto ti abbiamo accompagnato nel tuo ultimo viaggio sino al piccolo cimitero di Sistiana, dove la terra ti custodirà per sempre e dove potremo venirti a trovare. Non so in quanti fossimo anche lì, ma sicuramente almeno un centinaio di tuoi amici, tutti collegati all’ambiente del Soccorso, delle grotte e della montagna.
Ed a mezzogiorno siamo ripartiti verso la sede del Soccorso per ricordarti degnamente, così com’è tradizione a Trieste, davanti ad un bicchiere di vino o di birra. Come da sempre si usa fare qui da noi, appunto, e specie nell’ambiente speleo, in queste tristi evenienze, quasi in ribellione all’ineluttabilità del fato e senza tema di apparire dissacranti.
Davanti ai tavoli generosamente imbanditi dai tuoi amici del Soccorso ed anche grazie al tuo papà Ennio, abbiamo finalmente potuto brindare a te serenamente, senza quel groppo in gola che sino ad allora ci aveva attanagliato. Abbiamo brindato un’infinità di volte al tuo nome, Fabio, ed ogni volta tu ci apparivi accanto, col tuo sorriso da bambinone, così come ti ricorderemo sempre.
Tu ci hai dato la forza di ritornare allegri, di partecipare a quella festa in tuo nome perchè, giustamente, la vita continua e deve continuare. Abbiamo fatto tardissimo e tu cantavi assieme a noi sinchè abbiamo avuto forza e voce per farlo anche per te, proprio come piaceva anche a te nei tanti, tanti anni di feste fatte insieme. Grazie, Fabio, per l’amicizia che ci hai dato, non ti dimenticheremo mai.
                                                                                                               Marietto