UNA GIORNATA MEMORABILE
Pubblicato sul n. 37 di PROGRESSIONE – anno 1997
Ricordo un episodio di tanti anni fa, quando ero ancora socio attivo della Commissione Grotte. Eravamo, credo, attorno agli anni 60 ed una squadra di speleologi, la famosa “tarocca”, nota per le sbronze madornali e le canzonacce oscene, stava lavorando alla riapertura del pozzo presso la cisterna di Gropada, 369 VG. Faceva un gran freddo e dopo molte ore di lavoro massacrante, bagnati fradici e con le ossa a pezzi, decidemmo di concludere la giornata in una piccola osteria del paese che da molti anni non esiste più. Si trattava di uno di quei locali che oggigiorno verrebbero chiusi in quattro e quattrotto dall’USL, ma per allora andava più che bene e d’altra parte non c’era altra scelta. Sostituiti gli indumenti fradici con altri un po’ meno bagnati, cercammo di recuperare le forze consumando la merenda portata da casa nella tiepida atmosfera dello stambugio. Mancava però qualcosa. Certo, i doppi di bianco! Stranamente però quel giorno nessuno gradiva trangugiare quella bevanda fredda che era state sempre il nostro “companatico” naturale. Si sentiva il bisogno di qualcosa di caldo e di corroborante tipo “vin broulè” o simile. Fu allora che mi venne in mente un racconto di mia madre. Già negli anni trenta ed anche prima la mia famiglia praticava lo sport degli sci. A quel tempo le stazioni sciistiche oggi famose erano agli albori o non esistevano affatto. Le località conosciute erano il tarvisiano ma soprattutto la vicina Austria con la Kanzel, Mallnitz, Gnesau ed altre. Dopo una giornata sugli sci, faticosissima poiché gli skilift erano al di là da venire, ci si rifocillava nei rifugi alpini dove la sera i montanari locali erano soliti a preparare una bevanda che aveva tutti gli ingredienti del vin broulè, ma in più c’era il rhum. Il nome di questa bevanda lo trascrivo come lo sentii per la prima volta, era KRAMPAMPULI detta anche BEVANDA DEL DIAVOLO. L’etimologia della parola si riferisce chiaramente al Krampus che è poi il diavoletto rosso e nero presente in Austria in tutti i motivi natalizi e di fine anno. Il composto andava preparato filtrando il rhum acceso attraverso lo zucchero in un grande recipiente contenente vino preriscaldato nonché spezie varie quali garofano, cannella ecc. Quando la temperatura raggiungeva un certo livello tutto il pentolone prendeva fuoco ed a quel punto la mistura andava bevuta senza indugio. Proposi così agli amici di tentare l’esperimento. L’adesione fu unanime ed un “servis” (*) venne mandato nella bottega del paese a prendere zucchero, rhum, spezie, nonché, e quella fu una mia idea rivelatasi poi ottima, un pacchetto di burro. Per il vino non c’era problema, dopotutto ci trovavamo in un osteria. Il proprietario condivise l’iniziativa con entusiasmo fornendoci pentolone, scolapasta, mestolo e quant’altro necessario alla bisogna. Sul fuoco della “Primus” posata sul tavolo di legno grezzo e coadiuvato da due inservienti che reggevano rispettivamente il colapasta con lo zucchero e la bottiglia di rhum, iniziai la procedura. Fin dall’inizio il freddo nelle ossa scomparve come per incanto ed una inusuale euforia prese a dominare la compagnia. La mistura diventava sempre più bollente ed un odore delizioso si diffondeva nell’aria, finché ad un tratto il pentolone s’incendiò nell’allegria generale. Domato con qualche difficoltà quell’inferno, la miscela fusa venne distribuita nei recipienti più disparati ma di generosa capienza. Noi tutti si era abituati a sopportare quantità esagerate di “vinazze” varie senza dare in escandescenze, ma quello che accadde quel pomeriggio ha dell’incredibile. La mistura calda e saporita, per quanto generosamente alcolica, non dava alla testa creando gli effetti talvolta spiacevoli del vino, ma anzi infondeva una vigoria ed un benessere inaspettati. Per quanto interroghi la mia memoria non ricordo tutto quello che successe quel giorno, certo è che non eravamo stati mai più allegri, più spensierati e più amici. Un episodio però, il più esilarante, l’ho nitido nella mente. Due del gruppo, dei quali per amor di patria taccio i nomi, simultaneamente stimolati nelle loro funzioni fisiologiche, decisero di provvedervi in gemellaggio. L’imbrunire di quella giornata vide così i due compari accovacciati a braccetto sopra un’alta masiera, calzoni alle ginocchia con qualche grado sotto lo zero e bora che si riparavano dalla pioggia gelata con un telo mimetico fornito da mano pietosa! E’ proprio vero che gli amici si riconoscono nel momento del bisogno! Livio Forti
(*) “Servis” era il nomignolo affibbiato dalla ‘Tarocca” al principiante, costretto a fare i servizi più umili ai grottisti; vedi anche “Progressionecento a pagina 95.