La sezione R.Battaglia di preistoria carsica

 

LA SEZIONE SCAVI E STUDI DI PREISTORIA CARSICA «RAFFAELLO BATTAGLIA»

Pubblicato su PROGRESSIONE 100  – Annno 1983
Non spettava a me estendere questa nota, avendo partecipato all’attività della Sezione quale semplice manovale e in modo disconti­nuo; sono stato tuttavia presente ai lavori più importanti e del resto i componenti del piccolo gruppo da vari anni non sono più con noi. Credo però che in loro è vivo il ricordo di tante giornate serene trascorse insieme e dei mo­menti esaltanti in cui si sono rivelate rare testimonianze di epoche lontane.
In soli dieci anni di esistenza la Sezione ha saputo conseguire traguardi di rilevantissima portata, grazie ad una enorme mole di lavoro, possibile solo dove ci si dedica a titolo gratuito e con autentica passione. Le scoperte fatte in un periodo relativamente breve sono state di stra­ordinario significato e rappresentano uno dei più sostanziali contributi dati dalla CGEB alla conoscenza del Carso triestino. Ad un certo punto risultati tanto interessanti ottenuti con mezzi altrettanto modesti costituirono un fasti­dioso termine di confronto ed il divieto di conti­nuare qualsiasi tipo di indagini venne a sancire in pratica la fine della piccola Sezione, i cui destini seguirono nella fortuna e nel declino la parabola dell’uomo che l’aveva creata, France­sco Stradi di Capodistria, forse l’ultimo archeo­logo italiano alla vecchia maniera e persona in ogni senso non comune.
In quarant’anni di ricerche nella sua Istria e sul Carso egli è stato sempre in prima linea dove il lavoro era faticoso ma anche più vivo e proprio nella trincea si manifestavano le sue doti sorprendenti, certo in qualche misura paranormali, nè altrimenti si può spiegare la sua facoltà di anticipare situa­zioni che si sarebbero mostrate dove egli aveva indicato o di intuire appena giunto in un luogo mai visto prima la presenza di cose ancora invisibili. Nello scavo agiva con la gestualità essenziale dell’artista – ed aveva in effetti alte capacità creative – dando l’impressione che la sensibilità delle dita si trasferisse sulla punta degli attrezzi, tanto procedeva con precisione e delicatezza; talvolta lo vedevamo preso da una sorta di trance, quasi fosse in atto un misterioso colloquio tra lui e le cose sepolte.
Maestro insuperato nella ricerca e nel restauro, Stradi non aveva l’ambizione, la mali­zia e la mancanza di riguardi necessarie per imporsi nel mondo feroce dell’archeologia pro­fessionale, nè del resto ebbe interesse a farlo. Fu giudicato quindi concorrente non temibile che si poteva neutralizzare con l’arroganza sor­retta da titoli di studio che egli non possedeva, arrivando a sfruttarne l’intelligenza ed il dina­mismo. Tutto questo lo fece soffrire nel suo intimo e nell’amarezza maturarono forse i pre­supposti di una morte prematura che ha lascia­to i veri amici sgomenti e addolorati. Nella storia della CGEB Stradi è una figura eminente, geniale al pari dell’uomo cui egli intitolò la Sezione.
L’attività della Sezione è stata tanto ampia da rendere impossibile una rassegna esauriente e del resto molta parte di essa ha trovato sbocco nei 31 lavori pubblicati sulle riviste Atti e Memorie, Alpi Giulie ed in altre sedi specializ­zate. Elencheremo qui di seguito in modo sinte­tico le scoperte e le opere di maggior rilievo, la cui risonanza è andata oltre l’ambiente degli esperti e dell’ambito regionale.

GROTTA DEL DIO MITRA O DEL MITREO.

La grotta del Mitreo dopo la sistemazione.

È il più importante ritrovamento archeolo­gico di ogni tempo in una grotta del Carso e nemmeno altrove (in Italia) risulta sia stato tro­vato un Mitreo in una cavità naturale. Dopo la sistemazione da parte della Soprintendenza è diventato una meta inserita in tutte le pubblica­zioni turistico-culturali che riguardano il Friuli-Venezia Giulia. La colpa di aver scavato senza permesso venne scontata accettando che la scoperta fosse declassata a caso fortuito avve­nuto nel corso di uno «spietramento»; tale ver­sione viene ancor oggi ripetuta ed è giusto almeno in questa occasione dire che l’intui­zione ed il dissotterramento del tempio furono solo nostri.

Grotta dei Ciclami. Vaso di notevoli dimensioni con orlo leggermente everso

 Antica rete stradale al Timavo.

L’individuazione di una viabilità preroma­na nella zona di Duino – rappresentata da vari tratti di «binari» scavati nella roccia – è stata non meno significativa ed ha destato grande inte­resse soprattutto al di fuori di Trieste. Perven­gono tuttora richieste di dati e precisazioni da parte di studiosi ed Istituti specialmente stra­nieri ed il lavoro viene citato in numerose biblio­grafie.

Grotta dei Ciclami. Olla cilindrico-ovoide. Orlo leggermente everso. Anse verticali e 2 bugne. Età: Bronzo medio

LA GROTTA DEI CICIAMI.

Le ordinate trincee di scavo alla grotta dei Ciclami (1962)

Appena giunto nel 1959 alla SAG, Stradi decise di esaminare il deposito antropozoico di una caverna in modo più approfondito e siste­matico di quanto fosse stato fatto in precedenza sul Carso triestino. Venne scelta a tale scopo la grotta n° 2433, nella quale si lavorò in varie riprese fino al 1964, setacciando i materiali terrosi estratti con una teleferica. Le trincee vennero spinte fino alle argille sterili ad una profondità di 5 m, evidenziando una stratigrafia di eccezionale regolarità ed abbondanza di reperti; uno studio diretto alla ricostruzione dei paleoclirni basato su analisi polliniche fu un complemento nuovo ed originale che contribuì a chiarire le condizioni ambientali nella preisto­ria. I risultati ottenuti furono oggetto solo di comunicazioni preliminari ed i materiali rinve­nuti non sono stati purtroppo pubblicati; spe­riamo ciò avvenga ora che le nostre raccolte vengono consegnate alla Soprintendenza.
Citando la Grotta dei Ciclami, gente che non ha mai visto lo scavo ha stabilito ora a tavolino che si è trattato di un deposito «a cuneo» il cui sbandamento impediva qualsiasi deduzione cronologica; la fotografia che qui presso pubblichiamo dimostra il contrario.

GROTTA SUL CASTELLIERE DI NIVIZE – GROTTA FRANCESCO STRADI – ABISSO CESCA.

Uno dei più appassionanti problemi della protostoria locale è il mancato ritrovamento delle necropoli, in particolare del periodo dei castellieri, che sono qui abbastanza numerosi. Tra il 1966 ed il 1970 sono state scoperte tre grotte che contenevano molte ossa umane delle età dei metalli, materiale ceramico e resti faunistici. La grotta n° 4616 – che si trova pro­prio all’interno di un castelliere – ha dato la maggior quantità di reperti osteologici, tra i quali alcuni crani completi; il sondaggio della china detritica dove si trova il materiale non è stato portato a termine in forza di una proibi­zione a proseguire il lavoro, ma non risulta che le indagini siano state continuate.
In un recente studio sui resti umani antichi rinvenuti nella Venezia Giulia non si trova stranamente nem­meno un cenno a questi ritrovamenti.

MUSEO SPELEOLOGICO DI BORGO GROTTA GI­GANTE.

Sempre ad opera di Francesco Stradi vi è stata allestita un’ampia sezione dove sono stati esposti reperti paletnologici e paleontologici provenienti dal nostro Carso. Visibile sei giorni alla settimana per tutto l’anno, è senz’altro il museo più aperto della regione ed i 100.000 visitatori della Grotta Gigante – in prevalenza stranieri e di altre regioni italiane – hanno modo di esaminare una varietà di manufatti delle anti­ che civiltà carsiche. Purtroppo il prelievo di vari pezzi ha diminuito la validità della sua funzione culturale, che andrebbe invece perfezionata aggiungendo materiali e schemi didattici in rela­zione alle recenti scoperte sul paleolitico.

 Nuovi Castellieri e Stazioni delle Età dei Metalli.

Nel corso delle sue indagini la Sezione ha individuato le seguenti posizioni protostoriche prima sconosciute: Castelliere di Ceroglie, Ca­stelliere di Visogliano, Castelliere II>di Slivia, Castelliere di Samatorza, stazione di Bristie, stazione di Montefiascone. Si tratta di piccoli stanziamenti a carattere saltuario, la cui sco­perta ha arricchito il quadro della presenza umana in epoche remote.

 Nuove grotte con depositi archeologici.

Notevole impegno venne dedicato dalla Sezione alla ricerca di grotte contenenti depositi ancora integri. Intenta ai lavori sopra citati, essa si limitò di solito ad accertarne la presenza con un sondaggio; in qualche caso le cavità sono state poi esaminate da altri scavatori. Ne diamo qui un elenco, indicando con un asteri­sco le grotte oggetto di lavori più approfonditi: il numero che precede ogni grotta è quello del Catasto della Venezia Giulia:

4521 Cavernetta presso la Grande 5210 Riparo di Percedol
1265 Cavernetta della Trincea 1778* Grotta del Bersaglio
4245 Cavernetta di Trebiciano 4160* Piccola Romana
4083 Cavernetta della Ciotola 4650 Abisso Cesca
4558* Grotta Francesco Stradi 4977 Cavernetta presso Bristie
4616* Grotta di Nivize 868 Grotta sul Monte San Leonardo
3896 Grotta degli Zingari 4694 Grotta delle Lucerne
4530 Grotta della Tartaruga 932* Grotta Gialla
3986 Grotta del Bue 3988 Grotta Lindner
3984 Grotta sul Colle Pauliano 2* Grotta Gigante
4167* Grotta Benussi 4108 Cavernetta di Rupinpiccolo
4350 Caverna presso Sistiana 411 Grotta presso Sistiana
3743 Grotta sul Monte Ermada 4204* Grotta del Mitreo
4556 Grotta presso Duino 4651 Riparo presso il Timavo

Ricorderemo ancora il rinvenimento nel 1968 di una breccia ossifera pleistocenica pres­so Slivia che ha dato resti di ippopotamo e rinoceronte; nel 1973 infine in un’altra breccia situata nella dolina della Grotta Cotariova (n° 264) si trovò una sacca contenente oltre 200 strumenti litici di un’industria musteriana, la cui presenza era sfuggita ai numerosi scavatori della vicina caverna.
Ci siamo limitati a considerare l’attività svolta dalla Sezione nell’ambito del Carso triestino ed anche questa in modo forzatamente incompleto; altre indagini hanno riguardato zone diverse, come quella di Pradis (PN) e soprattutto dei Monti Alburni (SA).
Al tempo della maggior operosità il lavoro ferveva ogni giorno nel laboratorio che Stradi aveva allestito presso la sede, i materiali appena estratti venivano restaurati ed ordinatamente conservati; per ogni studioso di preistoria la visita alla Sezione “Raffaele Battaglia” era una tappa d’obbligo, un riferimento sicuro per scambiare idee, esperienze e pubblicazioni. Essa ha dato alla CGEB ed alla SAG grande prestigio, con riconoscimenti del più alto livello; da queste pagine è doveroso quindi esprimere il ringraziamento a tutti quelli che in vario modo hanno collaborato alle sue fortune.
Nel ricostruire il cammino e i successi della Sezione abbiamo sottolineato come essa abbia incontrato difficoltà sempre maggiori, finche la negazione di una minima autonomia operativa ne causò lo scioglimento. Fin qui non vi è da recriminare, in quanto lo Stato ha soltanto fatto valere il suo diritto di occuparsi dei beni di sua proprietà attraverso le emanazioni del compe­tente Ministero o gli istituti universitari. Non è invece ammissibile che proprio qui a Trieste sia in atto da tempo una malevola campagna diretta a sminuire il valore di quanto è stato fatto. Un’ultima pesante azione in tal senso la troviamo nel recente IV volume degli Atti della Società per la Preistoria e la Protostoria del Friuli-Venezia Giulia, nel quale si vuole persino ignorare che la Sezione sia esistita o vi si accenna solo tra le righe per avanzare tesi di incompetenza, relegandola nel deteriore feno­meno dell’abusivismo. Tale giudizio viene da uno specialista dichiaratosi «allievo» di Stradi e che attualmente è presidente della suddetta società, di cui lo stesso Stradi è stato fondatore. Tanto basti a definire il clima ed i sentimenti che impregnano un certo ambiente, tanto diverso da quello dove siamo abituati a vivere.
Tutto ciò ha una semplice spiegazione: siamo stati troppo bravi, avendo conseguito nel campo dell’archeologia – senza titoli accade­mici, finanziamenti e superiori disposizioni – traguardi la cui eccellenza non può essere inficiata da apprezzamenti negativi o dal silen­zio degli invidiosi.
                                                                                                           Dario Marini